Ucciso per pochi euro, per un debito di droga. È questo il contesto nel quale sarebbe maturato l'omicidio di Sandro Epifano, detto "Furgone", 53 anni, giustiziato con un colpo alla schiena esploso da una pistola di piccolo calibro nella notte tra sabato e domenica all'interno delle case popolari di via Singen, a Pomezia. I carabinieri, giovedì mattina, hanno fermato il presunto assassino, Luigi S., 39 anni, titolare di un negozio di alimentari sulla stessa strada, un volto non nuovo agli investigatori anche per via di piccoli precedenti di polizia legati allo spaccio di stupefacenti. «Un uomo violento, irascibile - afferma Annamaria, la compagna della vittima - che quando si arrabbia è incontenibile. Se davvero è stato lui deve marcire in galera». La donna ha ancora impressa indelebile nella mente l'immagine del cadavere del compagno al momento del riconoscimento: «Aveva gli occhi e la bocca sbarrati, e il collo e le spalle completamente tumefatti. Credo sia stato pestato, poi finito con un colpo vigliacco alle spalle mentre fuggiva per le scale. Ho voluto davvero bene a Sandro - aggiunge - ho combattuto 13 anni per salvarlo dalla droga che lo ha rovinato. È morto il 27 agosto, giorno del nostro anniversario, non meritava una simile fine». Il sospettato, ora, si trova nel carcere di Velletri in attesa della convalida del fermo.
Gi inquirenti non sono dovuti andare lontano per trovarlo. Il corpo di Furgone era a terra, in uno dei vialetti interni al comprensorio, formato da cinque edifici di tredici piani ciascuno, riverso in una pozza di sangue. Quando i militari lo hanno trovato respirava ancora. È stato, quindi, trasportato d'urgenza in ambulanza al pronto soccorso del Sant'Anna dove, però, poco dopo è deceduto.
Le tracce di sangue lasciate sul viale, intanto, percorse a ritroso, hanno delineato fin da subito la strada delle indagini. La scia, infatti, conduceva al secondo piano dell'edificio in cui abita, tra gli altri, Luigi S., che nella stessa notte è stato portato in caserma per i primi accertamenti. Gli investigatori di Pomezia e del Nucleo Investigativo di Frascati nelle ore successive al delitto hanno ascoltato oltre cinquanta inquilini delle case popolari.
La paura
In pochi hanno ammesso di avere visto o sentito qualcosa. Qualcuno ha solo affermato di avere notato più volte Furgone entrare e uscire dalla loro palazzina.Nei caseggiati di via Singen, gli assegnatari, vivono nel terrore per via della concentrazione di numerose persone agli arresti domiciliari, di spacciatori e abusivi, come non regolarmente occupava l'alloggio anche il 39enne.