Roma, spinse la ex (che aveva la polmonite) sotto la doccia e la lasciò morire. Il papà: «Mi rimprovero per non averla salvata»

Il genitore in aula: «Dovevo andare lui e impormi per riportarla a casa ma per natura non sono aggressivo»

Roma, spinse la ex (che aveva la polmonite) sotto la doccia e la lasciò morire. Il papà: «Mi rimprovero per non averla salvata»
di Giulio Pinco Caracciolo
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Mercoledì 13 Dicembre 2023, 22:40 - Ultimo aggiornamento: 16 Dicembre, 10:52

«Mi rimprovero di non essere intervenuto. Magari sarei potuto andare da lui e impormi con la forza per riportare a casa mia figlia. Ma non è nella mia natura, non sono una persona aggressiva e adesso lei è morta». La voce del padre della vittima rotta dalla commozione risuona nell’aula di piazzale Clodio. Davanti ai giudici della prima Corte d’assise di Roma - disperato - ricostruisce gli ultimi mesi di vita di Anna (nome di fantasia), la donna di 40 anni lasciata morire di broncopolmonite massiva laterale dall’ex compagno. Una storia di vessazioni, maltrattamenti e umiliazioni perpetrati nel tempo. Imputato per omicidio volontario F.C. 43enne romano che il 18 gennaio 2022, dopo un droga party organizzato per il compleanno della vittima, avrebbe potuto chiamare i soccorsi per salvarle la vita e invece - si legge nel capo d’imputazione - si limita «a buttarla a testa in giù dentro il vano della doccia, spogliandola e mettendo in lavatrice i suoi vestiti, facendole poi assumere cocaina e sostanze psicotrope e lasciandola in uno stato di incoscienza e agonia per più giorni fino al decesso». Si limitava a farle fotografie che inviava su Whatsapp agli amici chiedendo consigli. Le ultime ricerche su Google sono chiare: «Cosa fare in caso di overdose». 

LE CONFESSIONI AI SUOI

Mesi prima la donna aveva rivelato alla sorella la passione dell’uomo per le droghe e gli psicofarmaci: «Mi ha detto che ne aveva di tutti i tipi e che utilizzava il Rivotril (benzodiazepina) per attenuare l’effetto delle sostanze stupefacenti prima di andare a dormire». Lui sempre presente in aula l’avrebbe intrappolata in un vortice e a nulla sarebbero valsi i numerosi tentativi dei familiari della vittima di allontanarla dal suo carnefice. «Mia figlia non era una tossicodipendente. Amava la sua bambina, che all’epoca aveva solo 11 anni, ma da quando si sono conosciuti la situazione è degenerata. Si sono messi insieme nel marzo 2020 e sono andati a convivere ma dopo qualche mese lei è tornata a casa - testimonia in aula il padre - Era disperata e molto spaventata. Ci ha raccontato di aver preso lsd e funghi allucinogeni insieme all’imputato. Ci diceva di aver visto la morte in faccia e di essere sotto ricatto di quell’uomo che le aveva anche sequestrato il cellulare e il bancomat».

LA PASSIONE PER LA TECHNO

Una relazione, quella tra la 40enne e l’imputato, che già a pochi mesi da quando era iniziata presentava dei lati oscuri. I due si conoscono a una festa a dicembre 2019, accomunati dalla passione per la musica techno. «Quando è tornata a casa - continua il padre - abbiamo cercato di confortarla e di parlare con lei. Le abbiamo detto che era ancora giovane e sicuramente avrebbe potuto rifarsi una vita». Ma così purtroppo non è stato. La donna, dopo poco tempo, torna a casa del suo carnefice e interrompe i rapporti con la famiglia. «Io ero l’unico interlocutore - spiega il padre - l’unico che l’ha sentita fino a pochissimi giorni prima di morire».

L’8 gennaio 2021 la situazione inizia a precipitare molto rapidamente. La vittima invia una foto che la ritrae con un occhio nero e solo un mese dopo, il 10 febbraio 2021, una seconda foto con il volto completamente tumefatto. Vani i continui tentativi delle forze dell’ordine e della famiglia per cercare di recuperare quello che ormai sembrava irrecuperabile. Lei si ostinava a dire di amarlo e - per tranquillizzare i genitori e la sorella - li assicurava che si era fatta giurare che non l’avrebbe più maltrattata. Poi quella doccia fredda che, date le condizioni di salute della 40enne, le è stata fatale.

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