Terreni, fabbricati, una villa, vigneti, auto di grossa cilindrata e una concessionaria: vale quasi tre milioni di euro il sequestro dei beni riconducibili a Giacomo Madaffari, classe 1956, già in carcere dal febbraio 2022 perché ritenuto al vertice della locale di ndrangheta fra Anzio e Nettuno. L'esecuzione del decreto, emesso dalla III sezione "Misure di prevenzione" del tribunale penale e civile su richiesta della Procura, è stata svolta dai carabinieri del comando provinciale di Roma. Ma per capirne la portata e il valore - e quindi comprendere la capacità che l'uomo insieme ai suoi sodali ha mostrato nel "colonizzare" una porzione ampia del litorale fin dagli anni Ottanta del secolo scorso - bisogna tornare alle parole del collaboratore di giustizia Paolo Iannò, proferite nel processo Crimine e ricordate oggi nel provvedimento. «La ndrangheta a differenza delle altre appartenenze criminose ha una sua cultura e mentalità... l'ndranghetista ce l'ha nel suo sangue, nel suo Dna di essere in possesso di quel locale (quel territorio ndr) sentirselo suo nelle mani...a differenza magari di un mafioso che va...sale a Roma e fa un affare e se ne va...».
E Madaffari le mani le aveva infilate profondamente su Anzio e su Nettuno come se i due Comuni - poi sciolti e commissariati a seguito dei 65 arresti del febbraio 2022 - non fossero altro che terreni friabili come l'argilla. A parte lo sfarzo che i militari hanno potuto notare entrando nuovamente in quella villa dove Madaffari ha sempre vissuto con la moglie e i figli, (la prima, Rosa, era in casa ieri mattina) sono stati sequestrati altri nove fabbricati (per lo più scheletri di palazzi mai ultimati o edifici e capannoni disabitati per una superficie complessiva di 1.699 metri quadri), terreni fra cui due vigneti (uno ad Anzio l'altro ad Aprilia), un bosco ceduo a Nettuno.