Parà morto in Afghanistan, spunta un super-testimone. Agli atti della Procura militare, trasmessi a quella ordinaria di piazzale Clodio, c'è infatti una relazione top-secret ancora di un superiore di David Tobini, il caporal maggiore dell'Esercito italiano caduto nel deserto di Bala Mourghab nel 2011 per «fuoco amico», come accertato già dai pm. Un documento che spunta all'indomani della chiusura delle indagini e che ora potrebbe portare a una nuova apertura del caso. Un documento che svelerebbe come è stata condotta quell'operazione e che potrebbe accertare nuove responsabilità, che potrebbero anche andare oltre il commilitone che ha sparato a David. «Era prevedibile - si legge negli atti ora in possesso della Procura - che l'operazione per conformazione geografica del territorio, per le armi utilizzate e il non riposo dei militari fosse pericolosa e tale da esporre i militari tutti impiegati a rischio di ferimento e morte, ma nel documento in questione redatto nell'immediatezza dell'evento - si rappresenta la mancanza di supporto aereo previsto tra le 05.00 e le 08.00 (proprio nel periodo temporale dell'accadimento, ndr)». Il supporto aereo avrebbe presumibilmente prevenuto lo spostamento dei ribelli negli spazi aperti specialmente dell'unità isolata e statica del plotone appiedato in ambiente montano e avrebbe precluso ai talebani la possibilità di organizzare un attacco. Una condizione questa indicata dal documento redatto dal militare come «No-go» (semaforo rosso a procedere, dunque).
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«NO GO»
Sempre l'ufficiale, poi mette nero su bianco: «Inefficienti e occasionali le comunicazioni radio», tanto da generare: «scarsa consapevolezza della situazione al comando della base e mancanza di tempismo dei supporti di assistenza medica, scarso coordinamento tra le aliquote sulla sponda est e ovest del fiume».
L'IPOTESI
«Si dovranno rassegnare sulla mia insistenza sulla vicenda - dice Annarita Lo Mastro, madre di David Tobini - oggi i fatti documentati esprimono la negligenza, l'imprudenza e l'incoscienza, su come fu condotta organizzata ed autorizzata quell'operazione e ancora non mi convince l' omicidio colposo. Chi uccide per sbaglio non nega, non dichiara ciò che non fu, infangando un caduto per potersi difendere. Per questo, mi sono apprestata a un' altra perizia sull'arma da cui partì il colpo uccidendolo. Ad oggi dalle prime risultanze, quel colpo non sembrerebbe proprio accidentale. Quell'operazione fu condotta come una scampagnata».