Roma, catechista a processo per abusi su una 14enne. «Il parroco le raccomandò di non parlare»

La madre della vittima: «Un incubo. Lei è riuscita a denunciare solo da maggiorenne»

Roma, catechista a processo per abusi su una 14enne. «Il parroco le raccomandò di non parlare»
di Giulio Pinco Caracciolo
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Mercoledì 10 Gennaio 2024, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 08:08

«Se la giustizia non farà il suo corso sicuramente ne risponderanno davanti a Dio». Si lascia andare ad uno sfogo di rabbia e delusione in aula la madre di Marta (nome di fantasia), vittima di ripetute violenze sessuali perpetrate nel tempo, dal 2009 al 2012, da quando aveva solo 14 anni. Sul banco degli imputati G. V. ex catechista della parrocchia di Santa Rita da Cascia, nel quartiere Casalotti di Roma. L’accusa è di abusi aggravati dal ruolo svolto all’interno della comunità religiosa. «Nel 2013 un presbitero di cui non posso fare il nome mi riferì di alcune problematiche intime sorte all’interno del gruppo di giovani - racconta durante la sua testimonianza uno dei responsabili dei catechisti della parrocchia - mi disse che c’erano stati dei problemi tra un educatore e una ragazzina, ma senza farmi nomi e cognomi».

Eppure, anche senza i dettagli, il religioso individua subito chi possa essere coinvolto: «Ho guardato l’elenco, ho chiamato personalmente G.

V. e l’ho invitato a casa mia fuori Roma per farmi raccontare cosa fosse realmente accaduto. Lui ha ammesso di essersi baciato con una ragazzina. Mi ha parlato solo di un bacio e quando ho chiesto a Marta di raccontarmi i fatti anche lei ha confermato». Solo qualche bacio in macchina, niente di più, stando alla testimonianza dell’ex catechista e la promessa di non raccontare nulla ai genitori per scongiurare una reazione sconsiderata da parte del padre poliziotto della ragazza. «Così ho informato subito il parroco di Santa Rita da Cascia, ormai deceduto da diversi anni, che mi ha consigliato di non dire nulla a nessuno per non allarmare sia la famiglia della ragazza sia la famiglia dell’imputato, padre di quattro figli».

LA DENUNCIA
Tutto cambia nel 2018, quando crolla il muro di omertà costruito intorno a questa vicenda. Questa volta è la madre a chiamare il responsabile dei catechisti ed è molto arrabbiata. «Ho ricevuto una telefonata dalla mamma di Marta – prosegue l’uomo nella testimonianza - che diceva di aver parlato con la figlia». Marta si sfoga e racconta tutto, descrivendo le violenze sessuali subite in anni di catechismo da parte di quell’uomo del quale lei si fidava ciecamente. «Mia figlia è viva per miracolo – si sfoga la donna in aula – non ho idea di come abbia fatto a proseguire con la sua vita tenendosi tutto dentro. Ha subito le violenza da quando aveva 14 anni e dopo essere diventata maggiorenne ha deciso di sfogarsi. Una vergogna quello che è accaduto. All’interno della chiesa ci sono persone che fanno del bene, ma non tutte purtroppo. E poi c’è anche la morale. Non mi interessa se il parroco, all’epoca delle violenze, ha detto di tacere. Loro dovevano raccontare tutto e invece non l’hanno fatto». Dopo la telefonata della donna i vertici del gruppo di catechesi e il parroco si sono riuniti e hanno deciso di prendere provvedimenti, allontanando G.V. definitivamente dalla parrocchia. «Lo abbiamo interrogato in chiesa – racconta ancora il testimone – e lui ha ammesso di aver avuto tre rapporti in totale durante gli incontri di post cresima». Ed è proprio su questi incontri ha indagato la Procura.

GLI INCONTRI
Gruppi di discussione composti da 8/10 ragazzini nei quali si trattano tematiche religiose o problematiche familiari, con lo scopo di non far allontanare i giovani dal mondo ecclesiastico dopo la comunione. Gli incontri vengono svolti in casa di alcune famiglie di fiducia scelte direttamente dalla parrocchia. E una di queste famiglie è proprio quella dell’imputato. In aula come testimone, anche la moglie di G. V. che ammette candidamente di essere stata a conoscenza di questo rapporto tra il marito e la ragazza: «Mi ha confessato tutto e io ho cercato di mettermi nei suoi panni. Ho analizzato il nostro rapporto e mi sono resa conto tra di noi si era creato un muro, ci eravamo chiusi in noi stessi». Nel capo d’imputazione si legge un particolare che rende ancora più torbida una storia già difficile da raccontare: l’imputato avrebbe costretto la ragazzina ad avere rapporti sessuali non protetti, per via delle sue convinzioni religiose.
 

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