Autismo. A Roma un museo più inclusivo con “In&Out”, il progetto per i ragazzi con disabilità cognitiva

Ideato nel periodo del lockdown offre alle persone autistiche l'occasione di condividere una esperienza artistica insieme ai loro coetanei con “sviluppo tipico”

Autismo. A Roma un museo più inclusivo con “In&Out”, il progetto per i ragazzi con disabilità cognitiva
di Alessia Perreca
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Mercoledì 21 Giugno 2023, 08:01 - Ultimo aggiornamento: 08:03

Andare in museo, soffermarsi sulle realtà espositive e condividere una esperienza con i propri pari è un diritto. Per tutti. Lo è anche per le persone autistiche. Aprire la strada a nuove forme di comunicazione e socializzazione in un ambiente integrato dove poter inserire non solamente i ragazzi con lo spettro, ma anche i loro coetanei con lo “sviluppo tipico”. È l’obiettivo del progetto “In&out, Dentro al museo, fuori dagli schemi” ideato dai Servizi Educativi della Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea di Roma ( viale delle Belle Arti, 131, direttrice Dott.ssa Cristiana Collu, ndr) in collaborazione con la Cooperativa sociale “Mio Fratello è figlio Unico” e l’Istituto “I.C. Antonio Rosmini”. 

L’idea del progetto nasce poco dopo il decreto del Presidente dell’ex Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con il quale l’Italia diventava completamente zona rossa per l’imperversare del virus Sars-CoV. Il Covid 19 ha imposto un lungo lockdown con un impatto devastante sulla condizione psichica di tantissime persone. In particolare, nei soggetti autistici i cambiamenti improvvisi nella routine quotidiana, nell’istruzione e nelle terapie hanno favorito un peggioramento delle loro condizioni, soprattutto a livello comportamentale. «Un momento difficile della nostra vita che ha penalizzato i ragazzi con lo spettro soprattutto nel campo della relazione», racconta al Messaggero Giovanna Troini, ideatrice di “In&Out” e mamma di Alessandro. «L’obiettivo è stato quello di creare una opportunità per permettere ai ragazzi con autismo di condividere una esperienza con i loro coetanei.

Esperienza che si è poi trasformata in un legame vero e proprio». 

 

Superare - quindi - ogni tipo di barriera e di ostacolo alla accessibilità nei musei e favorire una relazione tra l’artista, il personale e il visitatore stesso. Insieme ad Alessandro Carella, Presidente della Cooperativa “Mio fratello è figlio Unico” e a Isabella De Stefano, responsabile dei servizi educativi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma è stato messo a punto un programma ad hoc - con cadenza mensile - dove ogni partecipante della cooperativa avrà la possibilità di poter invitare un compagno di classe, un conoscente e condividere una esperienza all’interno del museo.

ECCO COME SI ARTICOLA “IN&OUT”

Arrivati all’ingresso del museo, i ragazzi della cooperativa - insieme ai loro compagni ed amici - si presentano al personale coinvolto ed iniziano a prendere confidenza con il luogo. Successivamente si soffermano su un’opera sulla quale allestiranno - in un secondo momento - un disegno o un altro tipo di attività laboratoriale che risponda alle caratteristiche dei partecipanti. «E’ un progetto - spiega la Dott.ssa Isabella De Stefano - costruito sul modello “CircleUp”. Mettere in relazione tutto quello che rappresenta il “dentro” con ciò che è il “fuori”, dove non esiste più alcuna divisione tra il pubblico fuori al museo e le persone che lo animano». «E’ un momento di condivisione e conoscenza pratica con le opere d’arte. Opere che stimolano a creare una relazione, una interazione continua». L’obiettivo ora è quello di esportare e diffondere il progetto anche in altre realtà artistiche. «Speriamo accada - aggiunge la Dott.ssa De Stefano - perché è fondamentale affermare il concetto di museo come luogo di accoglienza e di relazione tra pubblici “speciali” ed ordinari». 

“In&Out” ha ottenuto il supporto e la partecipazione dell’I.C. Antonio Rosmini, a Roma. «Un progetto estremamente stimolante - l’ha definito Mark Ridger, docente di sostegno - che ha coinvolto tutti i ragazzi all’interno e fuori dalla scuola. Un’attività importante che offre strategie per sviluppare competenze meno didattiche, ma utili per la vita. Come il concetto di empatia». Empatia, solidarietà, incontro ed accoglienza che dovrebbero aiutare a comprendere meglio le persone con disabilità spesso lasciate sole - insieme alle loro famiglie - nel limbo della solitudine, del pregiudizio e della frustrazione. 

«Lavorare con i ragazzi è stato un viaggio bellissimo ed emozionante», conclude Annamaria Orsi, psicologa della Cooperativa “Mio fratello è figlio Unico”. «Vedere il loro interesse per l’arte - come forma di comunicazione e condivisione - ha permesso una forma di inclusione quasi spontaneamente. É un’esperienza fondamentale perché l’arte è una forma di espressione e di creatività che stimola la creatività di ognuno di loro e la rende accessibile a tutti. È stata una sfida, ma anche una grandissima possibilità. Inoltre, un’esperienza del genere  ha anche permesso di scoprire talenti e passioni e chissà anche opportunità lavorative future».

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