Tarquinia, rinasce la Tomba degli Scudi: il Fai restauro gli affreschi della principessa

Tarquinia, rinasce la Tomba degli Scudi: il Fai restauro gli affreschi della principessa
di Laura Larcan
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Lunedì 4 Luglio 2016, 22:43 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 09:22
La Tomba degli Scudi di Tarquinia sta per prendersi la sua rivincita. Per il gioiello più segreto, da sempre chiusa e nota solo agli studiosi, della Necropoli dei Montarozzi (patrimonio Unesco dal 2004), è iniziato il restauro. Il complesso straordinario dei suoi cicli pittorici risalenti al IV secolo a.C. è ora nelle mani dei restauratori che puntano a rimuovere quel diffuso velo di patina lattiginosa alimentata dall’azione secolare di microrganismi, funghi e batteri, per riportare alla luce figure, iscrizioni, dettagli inediti mai visti prima. Le aspettative sono altissime in queste ore per un progetto “illuminato” promosso dalla Soprintendenza archeologica del Lazio e dell’Etruria meridionale guidata da Alfonsina Russo Tagliente, e sostenuta grazie alla sinergia con il Fai, il Fondo ambiente italiano che ha “sposato” la Tomba degli Scudi eleggendola con 5681 voti “luogo del cuore”. Grazie ad un contributo di 24.500 euro, l’operazione di pulitura e risanamento dei dipinti è iniziata.

Scoperta a metà dell’800 (già depredata dei corredi), ha sedotto fior di studiosi per le sue pitture suggestive: la parata di scudi dipinti sulle pareti di una camera funeraria, simbolo del potere dei proprietari, e quelle scene magistrali e virtuose di banchetto che rivestono la camera centrale, che si raggiunge scendendo ad una profondità di quindici metri. Tanto che, come dice l’etruscologa responsabile Maria Gabriella Scapaticci, direttrice del Museo archeologico nazionale di Tarquinia, «Sembra di entrare nelle viscere della terra». La sua esplorazione ancora oggi è un incontro immaginifico con l’arte etrusca. Le iscrizioni svelano i nomi dei proprietari, illustri personalità principesche della tarquinia ellenistica. Ecco il potente Larth Velcha, sdraiato sul kline. Sotto la patina che ne nasconde ancora i colori, e chissà quali altri segreti, al suo fianco c’è la bellissima moglie Velia Seithiti, ritratta nel suo perfetto profilo, con i riccioli biondi e gli orecchini a grappolo.

Le scelte stilistiche sono tipiche etrusche: «Nella coppie deve essere espresso il forte contrasto cromatico tra le carni rossicce dell’uomo e il chiarore, compresi i capelli biondi, della donna, perché l’ideale di bellezza femminile era quello ispirato alla figura di Elena secondo il racconto di Omero», racconta la Scapaticci. Sfilano, poi, i ritratti dei personaggi della famiglia Velcha, già nota agli studiosi perché imparentata con i proprietari della Tomba dell’Orco. «È un’operazione che restituirà uno dei più straordinari esempi di pittura antica di tutto il Mediterraneo», racconta la soprintendente Alfonsina Russo. Già da una settimana la restauratrice Maria Cristina Tomassetti è al lavoro sulla terribile patina bianca batterica che ne offusca colori, ma anche molte figure e iscrizioni. «Attendiamo anche alcune scoperte - dice - già sono emerse dai primi saggi di pulitura alcuni piedi e dettagli di vesti, che lasciano intuire personaggi del banchetto che prima non si vedevano».

Strategica è la sinergia con il Fai, che provvederà anche ad offrire l’apertura straordinaria della tomba durante il restauro (il 23 luglio e il 28 agosto). La strada però è ancora lunga. Servono infatti «altri 80 mila euro - aggiunge la Scapaticci - per il soffitto e per le altre due camere». Qualche primo donatore si è fatto avanti, come «due ditte di Tarquinia, uno studio di avvocati» e c’è chi, come la Skylab Studios, darà una mano realizzando gratuitamente ricostruzioni virtuali e videoguide anche per sordomuti. Ma l’obiettivo è rendere la tomba fruibile davvero a tutti «proteggendola con una sorta di bolla in uno speciale vetro disappannante con micro particelle d’argento. Il costo è di 150 mila euro - conclude la direttrice - e in Italia esistono due ditte in grado di realizzarla». 
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