IL VELIVOLO
Il ritardo sarebbe legato all'utilizzo di un mezzo non adatto. Per i consulenti di parte, l'aereo su cui viaggiava l'organo, un King Air B 220, «velocità massima 292 nodi (540 km/orari)», non possedeva «i requisiti richiesti, in violazione sia del decreto ministeriale sia delle raccomandazioni del Centro nazionale trapianti». Ma soprattutto avrebbe impiegato troppo tempo per raggiungere Roma da Milano: «Il volo da Malpensa a Ciampino - sostengono i periti di parte - è durato 100 minuti circa quaranta in più di un volo di linea». Un ritardo che, ad avviso dei tecnici, potrebbe avere avuto, insieme ad altre cause tra cui lesioni pregresse al cuore trapiantato, una «notevole valenza nel fallimento del trapianto», e nel conseguente decesso del 60enne romano. Per quella morte sono indagati per omicidio colposo 5 medici, due del San Raffaele e tre del San Camillo.
INIDONEO
Secondo una consulenza già disposta dai pm romani, al 60enne cardiopatico sarebbe stato trapiantato un cuore inidoneo. I medici legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, incaricati dalla magistratura capitolina di eseguire l'autopsia e di svolgere accertamenti specifici sull'organo impiantato, avevano infatti concluso che il donatore, in sovrappeso, avrebbe avuto due arresti cardiaci, ritenuti tra le cause, a loro dire, della «insufficienza funzionale dell'organo trapiantato». Nella perizia si legge che «sarebbe stato dato il nulla osta all'espianto pur non avendo evidenziato spiegazioni attendibili dell'arresto cardiaco». Una circostanza, questa, sempre smentita, invece, dai medici del San Camillo, da quelli San Raffaele e anche del Centro nazionale Trapianti, secondo cui, al contrario, quel cuore trapiantato era «perfetto», tanto che, anche prima del prelievo, non era emersa nessuna evidenza di infarto o lesione ischemica. Per loro quel cuore, avrebbe potuto salvare la vita al 60enne che da molto tempo si trovava in lista per il trapianto. Invece gliel'ha tolta.
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