Roma, trapianto di cuore fallito per l'aereo in ritardo. E il paziente morì pochi giorni dopo

Roma, trapianto di cuore fallito per l'aereo in ritardo. E il paziente morì pochi giorni dopo
di Marco Carta
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 07:53
Quaranta minuti di troppo che avrebbero reso «inidoneo» il cuore da trapiantare. Trasformando quella che doveva essere un'operazione salvavita in una tragedia. Ci sarebbe anche un ritardo fra le concause che avrebbero influito nella morte di un sessantenne cardiopatico, operato al San Camillo nel settembre del 2016 e deceduto pochi giorni dopo il trapianto. Un organo prelevato dall'ospedale milanese San Raffaele ad un 48enne morto per annegamento in piscina, che, forse, non sarebbe stato custodito nel modo migliore prima dell'operazione. A sostenerlo è una consulenza elaborata dai tecnici incaricati dalla famiglia della vittima, finita ora agli atti del fascicolo del pm di Milano Antonio Cristillo, che attende anche l'esito della perizia disposta dalla procura di Milano, prevista per il prossimo febbraio.

IL VELIVOLO
Il ritardo sarebbe legato all'utilizzo di un mezzo non adatto. Per i consulenti di parte, l'aereo su cui viaggiava l'organo, un King Air B 220, «velocità massima 292 nodi (540 km/orari)», non possedeva «i requisiti richiesti, in violazione sia del decreto ministeriale sia delle raccomandazioni del Centro nazionale trapianti». Ma soprattutto avrebbe impiegato troppo tempo per raggiungere Roma da Milano: «Il volo da Malpensa a Ciampino - sostengono i periti di parte - è durato 100 minuti circa quaranta in più di un volo di linea». Un ritardo che, ad avviso dei tecnici, potrebbe avere avuto, insieme ad altre cause tra cui lesioni pregresse al cuore trapiantato, una «notevole valenza nel fallimento del trapianto», e nel conseguente decesso del 60enne romano. Per quella morte sono indagati per omicidio colposo 5 medici, due del San Raffaele e tre del San Camillo.

INIDONEO
Secondo una consulenza già disposta dai pm romani, al 60enne cardiopatico sarebbe stato trapiantato un cuore inidoneo. I medici legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, incaricati dalla magistratura capitolina di eseguire l'autopsia e di svolgere accertamenti specifici sull'organo impiantato, avevano infatti concluso che il donatore, in sovrappeso, avrebbe avuto due arresti cardiaci, ritenuti tra le cause, a loro dire, della «insufficienza funzionale dell'organo trapiantato». Nella perizia si legge che «sarebbe stato dato il nulla osta all'espianto pur non avendo evidenziato spiegazioni attendibili dell'arresto cardiaco». Una circostanza, questa, sempre smentita, invece, dai medici del San Camillo, da quelli San Raffaele e anche del Centro nazionale Trapianti, secondo cui, al contrario, quel cuore trapiantato era «perfetto», tanto che, anche prima del prelievo, non era emersa nessuna evidenza di infarto o lesione ischemica. Per loro quel cuore, avrebbe potuto salvare la vita al 60enne che da molto tempo si trovava in lista per il trapianto. Invece gliel'ha tolta.
 
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