Roma, l'angoscia in strada: «Questa volta tocca a noi»

Roma, l'angoscia in strada: «Questa volta tocca a noi»
di Mario Ajello
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Giovedì 27 Ottobre 2016, 08:17 - Ultimo aggiornamento: 15:22

La coabitazione con la grande paura. Il terremoto si è appropriato dei romani, e la coscienza di tutti, in mezzo alle scosse continue, quella delle 19 e 11, quella delle 21 e 18, viene invasa dal ricordo - «Ma ora tocca a noi», è l'angoscia dei cittadini della Capitale che barcolla - della devastazione dell'Aquila, del disastro di Amatrice. Può succedere anche qui il peggio, e intanto la furia sismica si fa beffe della maestà di Roma e della vita quotidiana di chi la abita e si fa gioco del senso di precarietà e di insicurezza da catastrofe naturale che è ormai nel nostro Dna.

 

Tremano i palazzi anche quelli istituzionali - e via di corsa, viene evacuato il ministero degli Esteri alla Farnesina come se si fosse in guerra e il palazzo della Regione Lazio e altri - e tremano i lampadari nelle case, i muri degli appartamenti, i bambini che vedono il terrore negli occhi dei genitori e cominciano a piangere, i cani domestici, i cuori di tutti.

I PERSONAGGI
Mara è una mamma che si precipita insieme a decine di altre persone nella piazza di Val Padana. Porta nelle braccia la sua Chiaretta, strappata in pigiama alla visione di un cartone animato, e chiede agli altri e gli altri chiedono a lei: «Stanotte dove si dorme? Per strada o rientriamo a casa?». C'è chi, Maurizio, un giovane sui 30 anni, ha portato una coperta giù nel giardinetto e un amico amaramente lo sfotte: «Ma fa un caldo boia! E proprio questa afa insopportabile avrà provocato il sisma».

Piove su Roma, o pioviggina. Ma è come se nessuno ci facesse caso. E' troppo forte la grande paura da scala Richter. A Villa Riccio, grande complesso da un migliaio di persone sul Lungotevere Flaminio, ci si ritrova tutti in giardino. Poi si decide di fare ritorno nelle case, alcune hanno avuto crepe. E da qui e dal resto della città, da Ostia a Monteverde, da Borgata Fidene all'Appio e a Roma Nord particolarmente choccata, partono infinite telefonate ai vigili del fuoco: «Potete venire subito?». Ma tutti telefonano a tutti: «L'hai sentita? Solo la prima botta, e non la seconda? E' stata ancora più forte...». Oppure, tra mamme: «Domani li mandiamo o no i bimbi a scuola?», «Vediamo come va la notte».

A Ottaviano, la fermata della metro, vicina a San Pietro, tutti salgono di corsa le scale dell'uscita dopo essere stati informati - «Qui sotto non si è sentito niente in mezzo agli sbalzi dei vagoni» - della prima scossa. E chi arrivato in superficie cerca di salire al volo su un bus, chi si avvia a piedi verso casa, chi fa l'autostop.

La reazione immediata è da coprifuoco, poi ci si sforza di rilassarsi ma non è facile. In una parte poco distante della città, allo Stadio Olimpico, i laziali si avviano a vedere la partita. In un misto di fatalismo - «Se succede, succede» - e di strategia: «Quello è un posto sicuro», osserva un ragazzo con la sciarpa biancoazzurra pronto a godersi i gol di Keita e di Ciro Immobile. Una famigliola si piazza sul Ponte della Musica, dicendo: «E' l'ultima cosa costruita a Roma. Almeno questo sarà anti-sismico...». Da questo ponte si butta Jeeg Robot, nell'ultima scena del film, salvando Roma dalla super-bomba. Ora, fuori dalla finzione cinematografica, Roma rischia sul serio la bomba terremoto? La sta già patendo, anche se - assicura il Campidoglio verso l'ora di cena - non ci sono veri crolli né morti né feriti. Ma lo sciame sismico è lo sciame sismico: quando finirà?

Appena si sente una sirena, si sobbalza: «Andranno a prendere qualcuno sotto le macerie?». Le crepe sui muri sono poche ma le crepe interiori sono tante. Chi sta in macchina non sente la scossa, ma alla radio ne parlano e si viene presi - anche suonando il clacson, segno di una fretta impaurita - dal bisogno di raggiunge i propri cari. Sembra impazzito il traffico sulla Salaria bloccata. Il terrore da sisma, come ogni terrore, scatena la voglia di abbracciare e di essere abbracciati. C'è chi fugge da casa e chi corre a casa, anche se quello non è certo il luogo più sicuro dove andare. A Monte Mario, diversi residenti decidono di passare la notte in auto. Anche altrove è così. A Saxa Rubra, nella cittadella della Rai, la scossa delle 19 fa precipitare tutti giù nei vialetti: «Ma che è, una bomba?!».

CONDIVISIONE
Sui social dilaga il bisogno di condividere l'angoscia. C'è chi posta la foto del gatto: «Il mio Zanzy, a mezz'ora dalla prima scossa, è ancora così». E si vede il micio con il pelo dritto da terrore. Oppure sfoghi del tipo: «Io me la sto facendo sotto. E voi?». Ma come nelle guerre, anche il bisogno di normalità, sotto i colpi, cerca di avere il suo spazio. All'inaugurazione del Palazzo degli esami a Trastevere tutto rifatto, con in scena una kermesse multimediale su Van Gogh, c'è il pienone. Al Teatro Olimpico, proprio nello stesso edificio in cui crollò un appartamento all'ultimo piano sul Lungotevere, prima dello show intitolato «Peace», di Antonio Giuliani, parte il dibattito: «Entrare o non entrare?». I più decidono di entrare. Ma tutti, in tutta Roma, parlano della stessa cosa.
Poi si va a dormire, però non si dorme.

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