IL FATTO
Il rapinatore, un marocchino di 34 anni, dopo averla colpita le strappa di mano lo smartphone e poi scappa. È convinto di averla fatta franca. Non sa che un giovane italiano ha assistito alla scena. E che, dopo aver avvisato le forze dell'ordine, si è messo ad inseguirlo sul motorino per non perderlo di vista. Quando i poliziotti del commissariato Castro Pretorio riescono ad arrivare sul posto. Nascosto sotto una siepe, in via Parigi vicino al luogo dell'aggressione, viene preso. «Non ho fatto niente. Non sono stato io», ha provato a difendersi. Ma la Giaretta, nonostante gli attimi concitati dello scippo, ha il suo volto scolpito nella testa e lo riconosce nitidamente mentre lo vede sfilare a bordo della macchina degli agenti di Torpignattara. «È lui, sono sicura», dice la dirigente, che dopo una carriera in regione iniziata nel 1999, tre anni fa con la presidenza di Maroni, è stata nominata direttore dell'area finanziaria, una posizione analoga a quella ricoperta nell'ultimo mandato dell'ex presidente Formigoni.
DAL GIUDICE
Arrestato con l'accusa di rapina e lesioni, ancora ieri, il marocchino nel corso della direttissima ha negato ogni cosa, forte del fatto che quel cellulare sottratto alla Giaretta non è stato ritrovato: «Non sono stato io». Ma la sua versione non è stata ritenuta credibile dal giudice monocratico. Già nel passato l'uomo si era macchiato di reati analoghi: meno di due settimane fa era stato scarcerato da Rebibbia, dove ieri è tornato in attesa del processo. Alla donna sono state riscontrate contusioni ad una mano e ad un ginocchio, guaribili in 4 giorni. Per cancellare il ricordo di questa maledetta notte romana, di tempo ce ne vorrà forse molto di più.
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