Roma, protesta dei tassisti davanti al ministero dei Trasporti: traffico in tilt e lancio di petardi a Porta Pia

La protesta dei tassisti (foto FABIANO/CAPRIOLI/TOIATI)
di Laura Bogliolo
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Martedì 21 Novembre 2017, 12:44 - Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 13:55

Caos in Centro a Roma per la protesta dei tassisti che si sono dati appuntamento a piazzale di Porta Pia, davanti al ministero dei Trasporti per un presidio dalle 10.30 alle 18. Lunedì sera la trattativa sindacale è saltata ed è stato indetto uno sciopero nazionale dalle 8 alle 22. 

TENSIONE - Momenti di tensione in mattinata per l'esplosione di petardi e l'accensione di fumogeni e quando è arrivato il segretario di Unica Cgil taxi Nicola Di Giacobbe: molti i fischi contro il sindacalista che è stato portato via dalla piazza dalle forze dell'ordine. 
«Non rappresenti più nessuno - hanno detto i tassisti a Di Giacobbe - non devi andare a parlare a nome nostro al Ministero». I sindacati dei tassisti hanno annunciato «nuove azioni di protesa a partire dalla prossima settimana, anche in vista degli incontri con il governo». Il presidio è terminato alle 18 e poco dopo i vigili hanno riaperto le strade chiuse. 

CAOS TRAFFICO - I tassisti hanno bloccato il traffico a Porta Pia, molte linee Atac sono state deviate (le 60-62-66-82-90 transitano nel sottovia Ignazio Guidi), Corso d'Italia in direzione di piazza Fiume è stato chiuso al traffico. Nel primo pomeriggio un gruppo di tassisti, provenienti soprattutto da Napoli, si è diretto  verso Palazzo Chigi. 

I DISAGI - Disagi alla stazione Termini per l'assenza delle auto bianche, centinaia di turisti rimasti a piedi, in fila inutilmente agli stalli dei taxi in piazza della Repubblica, piazza Indipendenza o piazza Barberini. Caos anche all'aeroporto di Fiumicino dove sono state intensificate le corse dei pullman e dei treni fino a Roma. Disagi oggi anche per gli utenti della metro A e B a causa di «un numero di treni inferiore rispetto al programmato», ritardi e ressa sulle banchine, così come purtroppo accade da diverse settimane. 

 



I MOTIVI DELLA PROTESTA - La «concorrenza sleale di Uber», le licenze Ncc operative fuori dal comune di residenza e l'abusivismo i principali punti della protesta in relazione alla riforma del settore che sta realizzando il governo. «Rispetto all'ultimo documento ricevuto dal ministero delle infrastrutture e trasporti, a parte qualche piccola irrilevante variazione sul discorso piattaforme tecnologiche, non ci risulta nessun elemento che possa farci pensare di sospendere lo sciopero» aveva affermato Alessandro Atzeni di Uiltrasporti Lazio settore taxi. «L'obiettivo che il governo intende raggiungere - aveva ribattuto il viceministro dei Trasporti, Riccardo Nencini - è regolare il mercato perché i servizi resi ai cittadini siano più efficienti e più adeguati alla domanda. È nostra intenzione perseguire questo obiettivo, superando le varie forme di abusivismo, regolamentando le piattaforme tecnologiche, promuovendo su base regionale i servizi Ncc».
«Siamo consapevoli, come afferma il Viceministro Nencini, che il mondo attorno a noi è cambiato, ma non siamo certo noi a voler "mettere le mutande alla storia" perché siamo sempre stati favorevoli a qualsiasi innovazione e nuova tecnologia che migliori il servizio all'utente - aveva affermato Loreno Bittarelli, presidente dell'Unione Radiotaxi Italiani.​ - Non possiamo però accettare che le tecnologie vengano usate come strumento per violare le Leggi esistenti, o quantomeno per dilatarne i contenuti, favorendo la speculazione finanziaria e lo sfruttamento dei lavoratori». «Piena solidarietà ai tassisti
» è stata espressa da Gianni Alemanno, segretario del Movimento Nazionale. 
 
 

«Pur condividendo i motivi della protesta, non ne condividiamo le modalità - hanno detto le tassiste romane - Nell'esprimere il nostro dissenso facciamo appello a tutte le sigle sindacali affinché si ristabilisca un contatto con la base e si tenga conto della volontà delle persone di cui voi state decidendo il destino lavorativo.
Pensiamo sia possibile contrastare la folle volontà politica di svendere il paese alle multinazionali senza far pagare un prezzo troppo alto né all'utenza né alla cittadinanza quando, soprattutto a Roma, la mobilità è già duramente messa alla prova».  

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