Roma, tassista ubriaco taglia la gola a un commerciante che gli rifiuta da bere

Roma, tassista ubriaco taglia la gola a un commerciante che gli rifiuta da bere
di Raffaella Troili e Ilario Filippone
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Martedì 24 Maggio 2016, 09:45 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 08:50

ROMA - «Basta bere», Nino dietro il suo bancone sapeva dire di no. E non si aspettava che quel ragazzo che aveva visto crescere reagisse massacrandolo a bottigliate, al volto, al cranio, nella gola, inveendo sul cadavere, in preda all’alcol, forse ad altre sostanze. Notte di sangue, in via Premuda, in Prati.
 

 


«E’ stato Genny, Genny il tassinaro, è scappato con la sua auto», è riuscito a dire prima di morire, Nino Sorrentino, 76 anni, storico proprietario dell’enoteca “Vino e Olio”. Era mezzanotte, quando Joelson Bernasconi, 33 anni, di origini brasiliane, tassista, è entrato nel locale già ubriaco. I due hanno discusso violentemente, di fronte al «basta con l’alcol», è esplosa la rabbia di Joelson, che ha tagliato la gola a Nino con un coccio di bottiglia e l’ha lasciato esanime in una pozza di sangue. A dare l’allarme alcuni vicini che hanno sentito le urla e visto Nino che si trascinava fino al marciapiedi: era in fin di vita ma con un filo di voce ha pronunciato il nome del suo assassino, rintracciato dai carabinieri della compagnia Trionfale un’ora e mezzo dopo, ancora nei pressi di via Premuda.

Alla vista dei militari ha tentato di fuggire, cercando di investirli, con la sua auto bianca, ma è stato bloccato. Anche con loro ha dato in escandescenze, «ma che volete? lasciatemi in pace» e giù offese, tentativi di aggressione, fino a quando alla notizia della morte di Nino ha smesso di parlare. Joelson con alle spalle denunce per reati contro la persona e il patrimonio (oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale e una tentata rapina), conosceva da tempo il bottegaio che gli ha negato da bere perché già alticcio. Tra le ipotesi al vaglio del capitano Luca Acquotti, anche vecchi rancori. Una tragedia. Il commerciante, conosciuto e amato nel quartiere, è stato colpito ripetutamente alla testa e infilzato alla gola con un coccio di bottiglia. Agonizzante, si è trascinato per tutto il locale, fino all’esterno dove è stato notato da alcuni passanti, che hanno subito lanciato l’allarme. Ma era troppo tardi, all’alba sarebbe morto nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale Santo Spirito. Nel suo amato locale sangue dappertutto. La sua bici, è rimasta attaccata al palo della luce lì davanti, qualcuno ha posato dei fiori. «Era una persona riservata, apriva alle otto di sera e chiudeva all’alba», racconta il gestore del vicino bar “Cafè blanc”. «E’ morto un pezzo di storia, lo conoscevano tutti da queste parti», così un bengalese che abita in via Premuda.

«UNA MASCHERA DI SANGUE» Si chiama RayanMohammed. La scorsa notte, stava rientrando a casa: «L’ho visto mentre lo caricavano sull’ambulanza, era una maschera di sangue». Il tassista è accusato di omicidio e resistenza a pubblico ufficiale. Adottato, che non aveva nemmeno 5 anni, da una coppia di romani del Trionfale, entrambi dipendenti del ministero delle Finanze, ha vissuto nell’agio e nell’affetto. Per lui, vista la scarsa propensione negli studi, avevano comprato una licenza taxi. La morte del padre, nel 2013 sembra che abbia profondamente scosso Joelson. Gli amici lo ricordano sempre più ubriaco, anche di giorno. 

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