L'INCUBO
«Mi ha fatto mangiare di tutto, aiutami», confessa la giovane alla madre. E' scritto nella consulenza della criminologa Roberta Bruzzone. Micol è vittima di una dipendenza psicologica nei confronti del ragazzo: lo perdona quando lui la tradisce, non si allontana nemmeno quando la minaccia con un coltello. Dopo tre anni, la giovane si sente sola. Sciammarella l'avrebbe isolata impedendole di frequentare gli amici di sempre. Gli stessi amici che descrivono Micol come una ragazza brillante. Bella da mozzare il fiato, bravissima negli studi. Dalle indagini è emerso che la relazione avrebbe influito negativamente anche sul rendimento universitario. E che il ragazzo, invece di consolarla, non avrebbe perso occasione per deriderla. E' il gennaio 2012, Micol viene bocciata a un esame. «Sei una fallita, i tuoi genitori si vergognano», dice Sciammarella. Nei giorni prima di togliersi la vita, la ragazza è ossessionata dai social network. Ha paura di essere finita in una trappola virtuale e decide di rivolgersi alla polizia postale. «Mamma ti prego vieni a Roma», dice alla madre il 16 maggio 2013. La donna, che si è costituita parte civile con l'avvocato Federica D'Angelo, si mette subito in viaggio. Ad attenderla, un biglietto accanto alla finestra: «Non ho fatto nulla, mi hanno rovinato». Nel computer della ragazza, gli inquirenti troveranno fotografie e un filmato intitolato «Ricatto». E' un video di lei e Sciammarella che si scambiano effusioni. Sul comodino, una lettera che, per la criminologa Bruzzone, è stata scritta dall'imputato. La frase finale è una stoccata: «Sei una pornostar». L'avvocato Antonio Stellato, che difende Sciammarella, è convito che il suo assistito sia vittima di un equivoco. «Il processo è contro la figura dello stalker, che l'imputato non incarna. Nessun teste dice di avergli sentito pronunciare espressioni che istigassero al suicidio».
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