«Sì, ho ucciso lo stalker di mia figlia
Botte e minacce, mi sono liberato»

L'arresto di Carlo Nanni
di Luca Lippera
4 Minuti di Lettura
Lunedì 15 Agosto 2011, 10:39 - Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 19:30
ROMA - M’aveva rotto il naso. M’aveva spezzato le costole. Veniva a casa mia e mi gridava davanti a tutti i vicini: “A purce: non esisti!”. Era l’ossessione della vita mia. La confessione di Carlo Nanni, 63 anni, l’uomo che ieri mattina ha ucciso il molestatore della figlia, Stefano Suriano, dopo tre anni di angherie, racconta tragicamente bene come la sopraffazione possa produrre odio e l’odio la furia assassina. «Mi rompeva il caz... di continuo ha detto l’uomo al magistrato che ha firmato l’ordine di fermo Mi fermava per la strada. Mi menava, a calci, a pugni, a ceffoni, tanto per il gusto di umiliarmi. Tutto perché mia figlia a un certo punto non aveva più voluto stare con lui. L’altra sera non ci ho visto più».

Il raid iniziato in via Giacomo Del Duca, a La Rustica, poco dopo la mezzanotte di sabato sera, è stato l’epilogo di quasi tre anni che si può solo immaginarli. Stefano Suriano, 39 anni, e la figlia di Nanni erano stati insieme fino a alla fine del 2008. La storia, poi, era finita. Ma Suriano, di San Basilio, precedenti per furto, non aveva voluto saperne. Da quel momento, collezionando una serie infinita di denunce, come impazzito, aveva cominciato a perseguitare la ex convivente, la sorella e il padre di lei. «A pezzi di m... urlava sotto le finestre venite fuori. Non avete capito che non campate più? Non ve rendete conto di chi è Suriano Stefano. A zeri! A mentecatti! Ve faccio mori’».



Tanti e tali erano i dettagli già noti della vicenda, che i carabinieri della compagnia Monte Sacro e del Gruppo Roma, guidato dal colonnello Giuseppe La Gala, si sono immediatamente resi conto di che cosa potesse aver portato all’uccisione dell’uomo. Suriano è stato soccorso, ormai moribondo, in un’area di servizio «Q8» sulla Tiburtina poco dopo il Gra direzione Roma. Sette coltellate. Mazzate alla testa. Sangue ovunque. Gli uomini dell’Arma hanno ricostruito quasi subito che l’uomo, poco prima, si era presentato a casa della ex compagna. La donna, in vacanza in Calabria, non c’era. Allora se l’è presa, ancora una volta, con il padre e la sorella di lei. «Ve cancello! Non ve faccio campa’, chiaro?».

La prima risposta è stata un vaso di fiori tirato contro il lunotto della macchina di Suriano. Ma questa volta Carlo Nanni, anche lui con precedenti penali, non ci ha visto più. Gli uomini della Sezione Omicidi del Nucleo Operativo di via In Selci, guidati dal colonnello Bruno Bellini, lo hanno messo di fronte a tali e tanti indizi che l’uomo non ha potuto che confessare. Alcuni testimoni avevano visto Nanni, furibondo, mentre saliva in macchina con i tre complici ora ricercati, e poi c’erano le telefonate uno sciame di telefonate seguite all’ennesima sfuriata si Suriano per organizzare la spedizione punitiva nel cuore della notte.

«Io da tre anni non campavo più ha detto Nanni ai carabinieri La vita mia non era più vita. Suriano incolpava me e per la fine della storia con mia figlia e adesso se la prendeva pure con l’altra mia figlia. Mi prendeva per il cu... davanti a tutti e me lo trovavo davanti all’improvviso per la strada. Altri insulti, e giù botte, calci, come se io fossi stato un pupazzo. Ma io non so’ un pupazzo e neanche uno schiavo che gli puoi fare quello che vuoi. Quando me lo sono ritrovato davanti sulla porta di casa e ho saputo che aveva detto tutte quelle cose a quella specie di festa del caseggiato, non c’ho visto più. Io questo, mi sono detto, lo ammazzo. Adesso me so’ libberato».

È difficile non chiedersi come una serie di angherie così ripetute, così umilianti, così insistenti abbiano potuto andare avanti per anni. C’erano le denunce della donna, le lesioni al padre. Eppure Stefano Suriano, che oggi è la vittima di un omicidio, era ancora libero. «Se l’avessero arrestato dicono ora gli abitanti di via De Duca avrebbero messo fine alle sopraffazioni e probabilmente avrebbero anche salvato la sua vita. Ma qui pare proprio che ognuno fa quello che gli pare».

Per Nanni e per i complici, tre amici di famiglia, è scattata l’accusa di omicidio premeditato. Non si è trattato di un delitto guidato dall’impeto. I quattro, stando ai fatti e alla ricostruzione dei carabinieri, si sono organizzati, armati e hanno deciso prima cosa andava fatto. La circostanza che sia passato poco tempo probabilmente mezz’ora tra l’ideazione del raid e l’esecuzione non esclude giuridicamente la premeditazione. C’è tra l’altro un aggravante. Gli assassini, per inseguire Suriano, hanno usato una macchina poi risultata rubata. Volevano operare, vendicare e tornare nell’ombra. Un po’ sgangherato, come piano, visto il trambusto di una notte di follia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA