L'inchiesta: «Creavano la finta emergenza
con la complicità dei politici»

L'inchiesta: «Creavano la finta emergenza con la complicità dei politici»
di Sara Menafra
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Venerdì 10 Gennaio 2014, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 00:52

Tenere sulla corda la Regione Lazio e l’intera citt di Roma con una imminente e costante emergenza rifiuti.

E blandire dirigenti, politici a livello locale ma senza preoccuparsi di fare «pressioni» anche sul governo Monti. Erano queste le due chiavi del successo del ras supremo delle discariche del Lazio Manlio Cerroni. Lo spiega bene l’assessore delegato ai rifiuti nel 2008, Mario Di Carlo, poi deceduto, al funzionario oggi commissario ai beni confiscati, che nelle carte è l’elemento di congiunzione tra Cerroni e l’amministrazione.

Di Carlo: «Dobbiamo costruire una proroga finalizzata di Malagrotta all'apertura dei Monti Dell'Ortaccio. Far impiantare Monti Dell'Ortaccio con l'emergenza connessa alla chiusura di Malagrotta che forse è la strada migliore». Fegatelli: «Sì perché a quel punto devono fare un ordinanza che diventa un discorso di igiene e sanità». Un meccanismo che prevedeva anche il conferimento in discarica di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata destinati ai termovalorizzatori, che invece ricevevano una «quota di gran lunga inferiore» a quella prevista per contratto. Risultato: per 20 anni il 90% dei rifiuti della Capitale è finito in discarica, contro l’80% di Calabria e Puglia.

LETTERA A MONTI

E quando Malagrotta è ormai satura, il ras della «monnezza» si muove per ottenere che la nuova discarica di Roma sia proprio accanto a quell’enorme invaso, a Monti dell’Ortaccio, dove in seguito agli scavi avviati e mai autorizzati si è creato un vero e proprio lago. Secondo l’inchiesta, con le sue pressioni Cerroni sarebbe persino riuscito a far saltare il prefetto Giuseppe Pecoraro come commissario all’emergenza rifiuti. «Cerroni - scrive il gip - interviene in prima persona ai massimi livelli. In data 22 maggio 2012 scrive al prefetto Pecoraro e in data 24 maggio direttamente al premier Monti con una lettera aperta».

IL CASO SOTTILE

Pecoraro salterà, anche se Monti si preoccuperà di fargli avere una lettera di apprezzamento firmata di suo pugno. Stando all’indagine, però, il prefetto Goffredo Sottile si sarebbe mosso in tutt’altro modo. Nota il gip: «Il Prefetto Sottile, infatti, appare da subito disposto a percorrere altre scelte». E’ lo stesso Sottile, nel 2012, a chiamare Cerroni per proporgli dei controlli: «Io volevo, per far calmare un po’ qua, ha capito? Dico abbiamo cominciato i rilievi, attraverso l'autorità eh!». Passa poco tempo e viene autorizzato proprio Monti dell’Ortaccio, la discarica del laghetto. Il documento su cui si basa questa scelta è prodotto dalla stessa Colari. Per far sparire il laghetto, è bastato usare il photoshop: «Addirittura, le tavole contenute nell’istanza di Valutazione Impatto Ambientale, riportano immagini contraffatte.» Su questa autorizzazione, poi bloccata, è in corso un’altra inchiesta giudiziaria: «I contenuti del provvedimento, così come l’eventuale sussistenza di profili di illiceità – diretta o derivata- dello stesso, sono attualmente al vaglio di questa Autorità Giudiziaria».

MARRAZZO ED HERMANIN

Le pressioni per far approvare la discarica con vista lago, partono dall’epoca della giunta Marrazzo, nel 2008. E anche qui i contatti sarebbero stati ad ogni livello, pure con politici nazionali: «In quel periodo si registrano reiterati contatti, anche personali, con parlamentari (Beppe Fioroni, Ermete Realacci ed Edo Ronchi) e un generoso contributo di 20.000 euro alla fondazione “Sviluppo Sostenibile” (gestita dal terzo)». Nel giro di telefonate finisce anche Esterino Montino, allora vicepresidente della Regione Lazio. Nel 2008 lo contatta Spagnoli, responsabile del procedimento, poi deceduto, che teneva i contatti con Cerroni e i suoi dipendenti. In una telefonata: «Le due discariche - dice - una è Monti dell’Ortaccio, l’altra è Parco della Solforatella. Pensaci un momento». Montino: «Quella è esplosiva».

LE MINACCE

Il meccanismo rischiava di ripetersi anche di recente, nel caso della richiesta di autorizzare l’impianto di «trasferimento» di Rocca Cencia. Nel 2010, quando l’attuale assessore regionale Michele Civita era, alla Provincia: «L’Assessore (non indagato ndr) alla fine soccombe, a seguito della neppur troppo velata minaccia di creare un problema igienico-sanitario». Solo in seguito ad un incontro «casuale» con un Maresciallo del Noe, nella sede della Colari si sarebbe «spaventato - dice l’ordinanza» e sarebbe tornato indietro. Alle pressioni avrebbe ceduto anche l’ex assessore Pd Hermanin, come Di Carlo tra i fondatori di Legambiente. Come presidente dell’Ama, scrive il gip, «oltre ad essere in costante contatto diretto con Cerroni, da cui riceverà le direttive di fondo e che terrà costantemente aggiornato sugli sviluppi della situazione, parteciperà a riunioni informali nel corso della quali verranno definite le strategie da porre in essere per quella finalità». E alla fine dell’incarico all’Ama, accetta che si discuta di un suo ruolo come vice commissario dell’Arpa, poi sfumato in favore di un ex dipendente di Cerroni.

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