Sulle enciclopedie mediche vengono definite «le malattie della povertà», conosciute in Italia nel secondo dopoguerra, vissute dai migranti del Bel Paese lasciati in quarantena a Ellis Island, l'isoletta che ti faceva sbirciare (ancora da lontano) la Statua della Libertà. Erano partiti anche loro su barche fatiscenti e malsane, avevano scabbia, tigna e quelle malattie alimentate dalla malnutrizione e dalla mancanza di cure. Ora che l'Italia e Roma sono la «terra promessa», riemergono malattie di cui non si sentiva più parlare da cinquant'anni. «Scabbia, tigna, problemi al cuore dovuti a reumatismi, ma anche epatite B e C e tubercolosi» spiega Francesco Russo, medico del Policlinico Tor Vergata, presidente dell'Istituto di Medicina solidale onlus, osservatorio privilegiato nella cura dei migranti. «Sono riemerse malattie che in Italia erano state debellate, povertà, l'assenza di cure, situazioni di indigenza estreme le alimenta, servono presidi specializzati» aggiunge Russo. Si aggiornano anche i “medici di frontiera”, quelli che si occupano dei presidi d'emergenza attivati davanti ad esempio davanti al Salem Palace a Tor Vergata e agli accampamenti non autorizzati a Ponte Mammolo e sulla Collatina. Corsi di formazione sulla «medicina della povertà e delle migrazioni» sono stati fatti agli operatori della Croce Rossa sabato scorso.
GLI INVISIBILI
«C'è una recrudescenza delle malattie della povertà, debellate a Roma ormai da cinquant'anni, alimentate oggi dalle scarse condizioni igieniche, dalla malnutrizione» spiega Flavio Ronzi, presidente del Comitato Provinciale di Roma della Croce rossa. Resta sempre alto il monitoraggio di malattie respiratorie, come la tubercolosi che con una profilassi adatta può essere tenuta sotto controllo. La Croce Rossa ieri ha partecipato a un tavolo con la Regione per discutere sul tema dei flussi migratori. «Inutile ignorare i migranti che dormono nelle stazioni ed è necessaria un'assistenza sanitaria».
Laura Bogliolo
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