San Camillo, aborti nello scantinato: la stanza 194 "nascosta" nel sotterraneo

San Camillo, aborti nello scantinato: la stanza 194 "nascosta" nel sotterraneo
di Raffaella Troili
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Venerdì 24 Febbraio 2017, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 08:28

IL VIAGGIO
Sembra di scendere all'inferno, come se dentro già in molte non ne avessero un altro. Uno scantinato che nelle intenzioni, forse, dovrebbe garantire l'anonimato. Ma che offende la dignità di quelle donne che ogni mattina all'alba, già piene di dubbi e dolori, si mettono in fila al freddo per accedere all'Ambulatorio e Day Hospital I.V.G., legge 194 (interruzione volontaria gravidanza, appuntato anche questo, in nome della privacy). Gli addetti ai lavori, del reparto di Ginecologia e Ostetricia del San Camillo lo chiamano la stanza 194, «è scandalosa, vada a vedere», si lascia sfuggire qualcuno.

Difficile trovarla. Non ci sono gradini da salire, finestre da costeggiare. Ma solo una scalinata anonima per scendere più giù di come si sta in certi momenti. Perché non sta dentro il reparto, dove ai vari piani le scritte sui muri, sono un inno alla vita, una distesa colorata di Benvenuto Diego, È nata Marta, Aurora daje Aspettando Gaia e Benvenuta Sofia. No, per interrompere la gravidanza, ci sono degli orari e degli accessi contingentati. Bisogna uscire fuori dal reparto. E scendere una scalinata che porta al sotterraneo. Non è un ambulatorio sempre aperto, come funziona negli ospedali, nei pronto soccorso. «Io e mia moglie siamo arrivati alle sei e tre minuti, c'era già la fila», racconta un uomo, la cui consorte ha affrontato un'interruzione terapeutica.

Lo scantinato è all'esterno, fino alle otto, quando apre l'ambulatorio, le donne si accalcano sulle scale al gelo. Una volta giù, si è invisibili alla vista dei passanti, non si vede l'entrata, bisogna affacciarsi. Un cantiere, proprio là sotto, rende ancora più triste, l'atmosfera.

VARIA UMANITÀ
Ragazzine, straniere spaesate, signore ben vestite. «Relegati qui sotto, io ho accompagnato mia moglie mi è venuta la febbre per quanto ho patito il freddo. Credo forse per una sorta di vergogna, è stato scelto questo posto. Ma non sarebbe normale accedere da sopra? Poter entrare semplicemente e appoggiarsi su una panca, invece di accalcarsi qui, quando poi non si accettano più di 10/15 pazienti? Perché? Me lo sono chiesto sa? E' che siamo succubi della mentalità cattolica di questo paese».

Tutto cambia una volta dentro. «La professionalità e l'accoglienza di chi lavora dentro l'ambulatorio non si discutono. Qui si fanno le visite di rito, si espletano tute le pratiche». C'è un numeretto, una sala d'attesa con dei seggiolini per sedersi, delle stanze. «Impeccabili gli operatori, peccato questa vergogna. Non è giusto costringere queste donne ad aspettare in fila all'alba che apra l'ambulatorio sperando che riescano ad accedervi, altrimenti dovranno tornare il giorno dopo e quello dopo ancora».

CHI ARRIVA PRIMA
Ecco, la stanza 194 stona con l'accoglienza e disponibilità che mostra il Dipartimento Materno - Infantile Ostetricia e Ginecologia e Unità Operativa Neonatologia. Dove le partorienti passeggiano nei corridoi, i familiari aspettano l'orario delle visite, ostetriche, anestesiste, infermiere e medici si danno un gran da fare nonostante la carenza di uomini e mezzi.

Quella tana per topi a fianco del reparto, con accesso riservato, al mattino presto, e con la corsa a chi arriva prima, non è proprio tendere le braccia a chi forse è in preda ad altri travagli. Un ospedale può fare di meglio. «Con pochi mezzi si tutelano i diritti delle donne - ancora un marito che gira sotto il reparto - è scomodo e sgradevole, ma gli operatori fanno il loro lavoro con umanità e comprensione». Peccato, dentro c'è un cuore grande, ma fuori non si vede.

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