Un gruppo di persone lo porta a vedere dove sono gli immigrati. Stanno in una ex scuola occupata, la Otto Marzo, lungo le rive del Tevere. Entrarci? No, dice la polizia e anche Salvini vuole evitare provocazioni. Ma da fuori si mette a contare le antenne paraboliche montate su questo palazzone fatiscente popolato da centinaia di extracomunitari: "Una, due, tre..... ma quante saranno? Almeno ottanta? Certo che si trattano bene questi qui", dice Salvini. E ancora: "E quello cos'è, il loro parcheggio privato? E quello è il parco giochi?".
I romani esasperati dalla convivenza forzata con gli stranieri - "Rubano ma soprattutto sporcano". E in effetti qui intorno è un porcile - si rivolgono al leader leghista come fosse uno sceriffo. Venuto dal Nord? La disperazione dei romani che vogliono più sicurezza e più ascolto sembra aver già spazzato via le riserve anti-leghiste. "A Salvì, nun lo potevi fà tu er sindaco?", le dice la padrona di un bar: "Qui abbiamo votato tutti per la Raggi, e che disastro...". "Ma anche io avrei votato per lei se fossi di Roma", risponde Matteo: "E ora sarei pentito quanto voi". Lui fotografa la spazzatura abbandonata, loro fotografano lui che fotografa il degrado tra le sterpaglie del Tevere e in più selfie più selfie. E un vecchietto sussurra quando Salvini è di nuovo al mercato: "Qualche anno fa uno sganassone glielo avrei dato. Ma ora che dovemo fa? Speriamo che non è come l'altri.... ". E Salvini capisce che il clima è questo e quando sale in macchina per andarsene a Milano è tutto soddisfatto.
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