Il romeno e lo scontro con Stefano e Cristian: «Ricordo solo un botto»

Il romeno e lo scontro con Stefano e Cristian: «Ricordo solo un botto»
di Adelaide Pierucci e Fulvio Ventura
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Venerdì 24 Ottobre 2014, 06:03 - Ultimo aggiornamento: 11:03
«Ho sentito un botto enorme, poi il buio». Non ricorderebbe nulla dell'incidente l'operaio romeno che l'altra notte, sulla Nomentana, al volante di una Tigra ha centrato in pieno e ucciso il piccolo Cristian De Amicis e il papà Stefano, che su uno sccoter tornavano a casa, a Fonte Nuova, dopo una serata passata all'Olimpico per la partita Roma-Bayern. Le poche parole il conducente della Tigra le ha dette ai soccorritori prima di venire caricato in ambulanza e trasportato al Pertini dove è stato ricoverato con una prognosi di venti giorni. Ora è indagato per omicidio colposo plurimo e quello che non ha saputo spiegare lui, lo dovranno ricostruire le perizie disposte ieri dal procuratore capo di Tivoli Luigi De Ficchy e il pm Giuseppe Mimmo. I magistrati, infatti, hanno disposto una consulenza per la ricostruzione della dinamica dell'incidente che dovrà tener conto anche delle risultanze delle autopsie. La giustizia, infatti, ha dovuto chiudere gli occhi sulla tragedia della Nomentana e rispettare le sue rigide regole, gli atti dovuti. Così allo strazio di quel corpicino di 7 anni finito coperto da un lenzuolo bianco sull'asfalto si dovrà aggiungere quello dell'esame autoptico che verrà eseguito in giornata, come sul padre.



LA VELOCITÀ

Intanto mentre alla curva della Madonnella, una curva maledetta piena di altarini, di croci e foto di gente morta d'incidente, si aggiungono i mazzi di fiori per Cristian, i carabinieri della compagnia di Monterotondo, comandati dal capitano Salvatore Ferraro, hanno ultimato i rilievi raccogliendo qua e là spezzoni dei mezzi. L'ipotesi più accreditata per ora pare sia quella che la Tigra per via della velocità, e forse per l'asfalto appena bagnato dalla pioggia, abbia invaso la corsia opposta investendo lo scooter. Per conoscere la versione dei testimoni, a bordo dell'auto, però, ci vorrà del tempo. Gli inquirenti vogliono prima leggere le perizie. I due testimoni chiave dell'incidente sono una coppia romena che vive insieme al conducente dell'auto a Fonte Nuova, a un passo dalla casa del papà e del figlioletto rimasti uccisi. Rientravano anche loro dopo le undici di sera a casa. Sono stranieri, però, poco conosciuti nella cittadina. E, soprattutto lei, una donna di 37 anni, più nota negli ambienti della zona della Traversa del Grillo frequentata di sera da clienti, lucciole e protettori.



La donna per ora si trincera nel silenzio per la difficoltà con la lingua. E all'ospedale di Tivoli, dove ricoverata con una prognosi di trenta giorni, è un'altra paziente romena che l'aiuta a comunicare con i medici e gli infermieri. «È provata. Dice che non ricorda nulla», la voce che circola nel reparto.



LA COMUNITÀ

La comunità romena locale anche ieri ha voluto ribadire la solidarietà alla famiglia colpita dai lutti. «Ci rendiamo disponibili per qualsiasi necessità e ci impegniamo con la preghiera fervida per le persone decedute - ha detto per tutti Padre Bogdan - nello stesso tempo desideriamo fare una distinzione tra individui e comunità. La responsabilità eventuale di un singolo individuo, non può essere ricondotta a un'intera comunità».