Bancarelle improvvisate sui marciapiedi e sulle panchine di via Nazionale, ponti "sotto assedio", turisti costretti a fare la gincana tra un venditore ambulante e l'altro. Il sabato di sole ha fatto sì che le strade di Roma si riempissero di romani e turisti, ma anche di abusivi. E dei vigili nemmeno l'ombra.
Centro sotto assedio. Da Piramide a Fontana di Trevi, da piazza di Spagna a via Del Corso, lo spettacolo era sempre lo stesso: teli stesi a terra e merce di ogni genere.
La denuncia di Bordoni (Fi). «A Roma -denuncia il consigliere capitolino di Forza Italia e vicepresidente della IX Commissione al Commercio Davide Bordoni - il fenomeno dell'abusivismo commerciale sta assumendo ormai dimensioni sempre più gravi e preoccupanti. Oggi ho fatto un tour per le vie del centro, da ponte Umberto I a via del Corso, fino a piazza Navona, Fontana di Trevi e piazza di Spagna: ho trovato purtroppo che tutte le zone a maggiore vocazione commerciale sono letteralmente invase da venditori ambulanti abusivi che non solo procurano un danno a chi rispetta la legalità, ma costituiscono un palese pericolo per la sicurezza dei pedoni e dei tanti turisti che attraversano queste vie».
Appello a Marino. Bordoni, che da ex assessore al Commercio della giunta Alemanno, conosce bene il problema dell'abusivismo commerciale (la piaga non è certo una novità della giunta di centrosinistra) non risparmia una critica diretta al sindaco che secondo lui «dimostra di non essere in grado di garantire la legalità né di voler tutelare il commercio, che rappresenta il 40% dell'economia capitolina ed è un fondamentale settore per la città dal punto di vista sociale e culturale. Bisogna che il sindaco intervenga immediatamente per riportare la legalità e restituire ai cittadini e ai turisti una città che non sia invasa da venditori abusivi che vendono paccottiglia di poco valore: un fenomeno che purtroppo non interessa solo il centro storico ma anche altre zone commerciali della città come piazzale Ostiense letteralmente invaso dal mercato abusivo. Roma non è questa».