Roma, 13 mesi in carcere, ma era innocente: l'incredibile storia di Marian, condannato a 18 anni

Roma, 13 mesi in carcere, ma era innocente: l'incredibile storia di Marian, condannato a 18 anni
di Michela Allegri
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Venerdì 3 Marzo 2017, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 17:54
Tredici mesi di carcere e una condanna definitiva per omicidio. Da quando gli hanno stretto le manette intorno ai polsi, nell'agosto 2015, Marian Goga ha sempre giurato di essere innocente. E aveva ragione. Pochi giorni fa, la Corte d'Appello di Perugia ha annullato la sentenza a 18 anni di reclusione che gli era stata inflitta a Roma, e che era passata ormai in giudicato.

Il 6 dicembre 2009, quando un clochard era stato picchiato fino alla morte sulle rive del Tevere, Goga, accusato di quel delitto, si trovava in Slovacchia, paese dove risiede. Le prove sono schiaccianti: il quarantenne era in ospedale, dove lo stavano operando per un'ernia inguinale. Lo straniero, oltretutto, è sempre stato dichiarato latitante, nonostante avesse un lavoro stabile e una dimora fissa. Ha saputo dell'inchiesta solo quando gli inquirenti si sono presentati alla sua porta per arrestarlo, al termine di un processo durato più di due anni. A presentare istanza di revisione del procedimento, è stato l'avvocato Paola Maldonato. «Goga è stato giudicato in contumacia, sulla base di una dichiarazione di latitanza viziata - ha dichiarato la penalista - Non ha mai avuto la possibilità di difendersi».

L'OMICIDIO
Ma andiamo con ordine. Dicembre 2009, Artur Arnold Istok, giovane senzatetto polacco accampato a Lungotevere de' Cenci, viene trovato morto. Il suo volto è sfigurato: è stato massacrato con calci e pugni durante una lite. A scatenare il diverbio, un motivo futilissimo: Istok avrebbe rivolto apprezzamenti a una ragazza e il compagno di lei avrebbe reagito nel peggiore dei modi. Il 9 dicembre, due cittadini polacchi si presentano spontaneamente negli uffici della polizia. Dicono di essere stati minacciati, che un uomo ha intimato loro di non denunciarlo per l'omicidio di Istok. Gli agenti mostrano ai testimoni alcune fotografie segnaletiche e loro indicano Goga come colpevole. La foto che lo ritrae risale a 9 anni prima: il quarantenne è stato schedato nel corso del suo unico soggiorno in Italia. Durante quel viaggio, era stato fermato perché si era addormentato in un'auto rubata. Marian viene indagato e processato per omicidio preterintenzionale. Non viene nemmeno avvisato del rinvio a giudizio a suo carico, visto che gli inquirenti si sono affrettati a dichiararlo latitante. Il 20 novembre 2013, la Procura chiede la condanna all'ergastolo. La Corte d'Assise dispone poi per Goga 18 anni di reclusione. Nel 2015 la sentenza diventa definitiva.

L'ESTRADIZIONE
A seguito di un mandato di arresto europeo, lo straniero viene ammanettato in Slovacchia ed estradato in Italia. Goga lavora come conducente di autobus, ha una moglie e un figlio. Si dichiara innocente, non sa nemmeno di quale reato sia accusato. A trovare le prove decisive per scagionarlo, è sua moglie Alena. La donna ricorda che nel dicembre del 2009, proprio nei giorni dell'omicidio, il marito era in ospedale per essere sottoposto a un intervento chirurgico: l'asportazione di un'ernia inguinale. All'epoca, Alena era al quinto mese di gravidanza.

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