Roma sommersa dal guano, Ama sotto accusa: più pulizia

Roma sommersa dal guano, Ama sotto accusa: più pulizia
di Alessia Marani
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Martedì 22 Dicembre 2015, 08:52 - Ultimo aggiornamento: 27 Dicembre, 17:33

Roma è sommersa dal guano e il commissario straordinario Francesco Paolo Tronca striglia Ama: vanno rafforzati gli interventi di pulizia urbana e di tutela del decoro ambientale.
 



Il monito è arrivato ieri per voce del sub commissario Camillo De Milato durante un incontro con i vertici della municipalizzata. «Ogni giorno sono 32 le squadre di Ama che affrontano il problema del guano in città, a cui vanno aggiunti i dissuasori che finora hanno dato esiti soddisfacenti - ha spiegato il Campidoglio in una nota - La criticità continua a persistere per la presenza eccezionale e mai registrata di circa 4 milioni di storni che si annidano sugli oltre 400.000 alberi della città. Nonostante gli sforzi che Ama sta attuando, vengono chieste all’azienda azioni ancora più concrete ed incisive, perché la cittadinanza possa avere immediato riscontro dell’impegno profuso». Appello subito accolto dall’ad Ama, Daniele Fortini: «Già nei prossimi giorni potenzieremo le operazioni di pulizia».

LA COOPERATIVA IN CAMPO Intanto ieri pomeriggio la cooperativa Fauna Urbis ha iniziato la tre giorni di “distress call” nella zona “rossa” del lungotevere de’ Cenci, dei Vallati, Raffaello Sanzio e Farnesina, nell’area tra il Ghetto e Trastevere per spaventare e allontanare gli uccelli. È in quest’area che decine di scooteristi e pedoni sono scivolati sul micidiale tappeto di guano e foglie accumulato sull’asfalto e sui marciapiedi. È qui che l’aria è resa irrespirabile dal fetore nauseabondo degli escrementi caduti a terra, sui parapetti dei ponti, sulle auto in sosta. E residenti e commercianti sono inferociti. L’incarico a Fauna Urbis, società di Ostia Antica, è stato affidato dal Comune solamente il 14 dicembre scorso. Con un ritardo di quasi tre mesi sulla tabella di marcia. Un’operazione da 16mila euro Iva compresa, che solitamente veniva assegnata tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre «in modo che in quindici giorni il problema fosse risolto». Tutto invece è stato rimandato, slittato alla seconda metà di dicembre, in piena emergenza. Vano il goffo tentativo di fermare i milioni di volatili liberando alcuni falchi cacciatori. Dopo Mafia Capitale e la rotazione forzata degli incarichi dirigenziali ad agosto, al Dipartimento Tutela Ambiente qualcuno deve avere avuto timore persino a dare il via libera all’affidamento diretto (e quindi senza bando) del piano anti-storni. Oppure è stata solo una “svista”. Fatto sta che alla fine è dovuto intervenire Tronca con un provvedimento in urgenza e attingendo dal Mepa (il mercato elettronico della pubblica amministrazione, con garanzie di trasparenza) per far partire il piano due settimane fa.

LA TECNICA
«Appena avuto l’incarico siamo intervenuti in piazza Venezia, piazza Cairoli e nei giardini di piazza San Marco - afferma Alessandra Buscemi, biologa, amministratrice della coop - Quindi per altri tre giorni siamo stati in via Gaspare Gozi, a San Paolo, in viale Marconi, a piazzale della Radio e in via di Vigna Stelluti. Oggi (ieri, ndr) iniziamo sul lungotevere. Tre giorni è il tempo necessario per bonificare una zona. Oltre c’è il rischio che gli uccelli si abituino ai segnali di pericolo e non si spaventino più». La tecnica usata è quella del “distress call”. Attraverso i megafoni viene riprodotto lo stesso suono con cui gli uccelli si avvisano quando vengono attaccati da un rapace, per cui fuggono verso posti più sicuri. Si agisce contemporaneamente in diversi dormitori degli storni, dall’imbrunire in poi, in modo da spaventarli e allontanarli. Ieri sera, per esempio, cacciati via dal lungotevere, stormi di uccelli sono tornati sui pini di piazza Venezia. «In questa zona - afferma Buscemi - avevamo già previsto di tornare per verificare la situazione dopo 7, 10 giorni al massimo. E nel caso bissare l’intervento. Al momento, invece, ci risultano scomparsi dalla zona intorno all’Ara Pacis e di via Porta Castello». Gli operatori indossano un kit mono-uso di tute bianche stile Csi, mascherine e calzari. Oltre aimegafoni hanno delle torce con cui puntare la luce sui rami degli alberi sempre per spaventare i volatili. «All’inizio lavoravamo con degli impermeabili gialli - conclude la dottoressa Buscemi - ma dopo l’allarme aviaria, sebbene non ci sia alcuna prova di trasmissione di malattie all’uomo attraverso il guano, per estrema sicurezza abbiamo optato per protezionimaggiori».

L’UFFICIO AMBIENTE
A occuparsi del piano anti-storni è la Direzione promozione tutela ambientale e benessere degli animali, ovvero l’ex Ufficio per i diritti degli animali del Campidoglio, sotto l’ala del Dipartimento tutela ambiente. «Fino al 2009 del piano ce ne occupavamo noi - spiega FrancescaManzia, responsabile Centro Recupero Fauna Selvatica Lipu di Roma - Ancora oggi molti cittadini continuano a chiamare noi per le segnalazioni, spesso su indicazione dello stesso 060606.
Da allora però il Comune ha voluto provvedere da sè, ma sempre con procedure d’emergenza, senza più ragionare su una campagna vera e propria che comprenda anche uno studio e un monitoraggio scientifico del fenomeno e la contemporanea pulizia straordinaria, limitandosi invece a interventi dell’ultimo minuto. Per cui si investe poco e in maniera frazionata, più semplice rispetto a indire un bando vero e proprio». 

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