Sara, al setaccio i profili Facebook

Sara, al setaccio i profili Facebook
di Adelaide Pierucci
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Sabato 24 Settembre 2016, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 08:39
Rogatoria internazionale negli Stati Uniti per scoprire chi spiava Sara. Per accertare se, come temeva lei, il fidanzato la controllasse via web, per poi pedinarla in strada. Come quella notte di maggio in cui Sara Di Pietrantonio, ballerina e universitaria, era stata seguita da Vincenzo Paduano, costretta a scendere dall'auto, strangolata e poi data alle fiamme con la benzina.

LA TRAPPOLA
Il sostituto procuratore Maria Gabriella Fazi, titolare dell'inchiesta sulla ragazza bruciata a Magliana, ha chiesto alla sede americana di Facebook la password di accesso al profilo di Paduano, finito, dalla notte successiva alla trappola mortale, in carcere con l'accusa di omicidio volontario. Dall'analisi dell'indirizzo Ip e dei file di log il magistrato vuole verificare se lui accedeva di nascosto, anche con falsi profili, sulla pagina Facebook della ragazza per controllare i suoi spostamenti e le sue conversazioni.

I MESSAGGI
Sara lo aveva anche candidato alle amiche il timore di essere spiata, tanto che aveva più volte cambiato le password di Whatsapp e Facebook. Vincenzo Paduano non ha voluto fornire le password. «Non la ricordo più», si è limitato a sostenere. Sono in via di conclusione intanto gli accertamenti sul pc di Sara, e sul profilo facebook, per ricostruire i messaggi (anche quelli cancellati) scambiati con le amiche e il fidanzato, che aveva lasciato qualche settimana prima proprio per la sua morbosità.

NESSUN PENTIMENTO
A breve dovrebbe essere consegnata in procura anche la perizia per accertare il liquido infiammabile usato da Vincenzo Paduano per appiccare le fiamme come ultimo sfregio a Sara, punita perché si era permessa di lasciarlo ed uscire quella sera con un altro amico, un nuovo fidanzatino con il quale si era scambiata un bacio. Dall'inchiesta intanto è emerso che nei progetti del killer di Sara anche l'uso di una bomboletta di gas urticante. La sera dell'omicidio Paduano aveva contrattato per Whattsapp con un collega l'acquisto di uno spray al peperoncino. Un dettaglio in più preso in esame dalla procura per provare l'aggravante della premeditazione, non riconosciuta dal gip che aveva firmato l'arresto di Paduano. Gli altri particolari erano già noti: Paduano che esce con una tanica di alcol o benzina, che lascia il telefonino al lavoro per crearsi un alibi, e che, una volta messo alle strette, in prima battuta, sostiene che all'ora del delitto era appartato con una lucciola, pagata quaranta euro, e che una settimana prima aveva terrorizzato Sara dicendole: «Me la pagherai». Dall'omicida ancora nessun pentimento. Nemmeno la smentita delle bugie plateali. Come l'aver sostenuto di aver appiccato fuoco a Sara «ma per sbaglio, per colpa di una sigaretta».