Roma, la famiglia che truffava i clienti con polizze fantasma: contratti inesistenti per 2 milioni di euro

Roma, la famiglia che truffava i clienti con polizze fantasma: contratti inesistenti per 2 milioni di euro
di Michela Allegri
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Lunedì 26 Giugno 2017, 07:45
Una truffa a sei zeri a conduzione familiare. Marito e moglie, e pure la zia, avrebbero raggirato decine di persone, convincendole a sottoscrivere polizze assicurative per un valore da capogiro: in tutto, due milioni di euro. Peccato, però, che fosse tutto un imbroglio. Anzi, una truffa vera e propria, che adesso rischia di catapultare le tre menti del raggiro dal divano di casa al banco degli imputati del tribunale di Roma. Per la procura, infatti, le polizze in questione erano false. E la stessa cosa, ovviamente, vale per i relativi investimenti.

L'ACCUSA
Il capofamiglia, dipendente di una compagnia assicurativa capitolina, rischia il giudizio per truffa aggravata. Le due donne, invece, sono accusate di riciclaggio: avrebbero tentato di ripulire parte del denaro accumulato in modo illegale. Il pubblico ministero Mario Ardigò, titolare del fascicolo, ha chiuso le indagini nei loro confronti. Si tratta di un atto che, solitamente, ha come conseguenza una richiesta di rinvio a giudizio. Nel frattempo, i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria hanno sequestrato beni riconducibili agli indagati per un valore totale di circa 600mila euro.

L'INGANNO
L'inchiesta è scattata dopo la segnalazione delle vittime e grazie agli accertamenti certosini svolti dalla Finanza, che hanno permesso di delineare i contorni del raggiro. A rischio processo, Mario Miceli, intermediario finanziario e agente di una compagnia assicurativa romana. Nel capo d'imputazione, gli inquirenti scrivono che l'indagato, «abusando di relazioni di prestazione d'opera», avrebbe convinto alcuni clienti a sottoscrivere una sfilza di «polizze al risparmio». I risparmiatori raggirati erano certi di aver stipulato contratti validi ed emessi dalla società assicurativa. In realtà, per l'accusa, si trattava di investimenti inesistenti. Per rendere credibile l'imbroglio, infatti, Miceli avrebbe usato dei moduli prestampati in suo possesso «riportanti i segni identificativi della compagnia assicurativa», sostengono i pm. Con questo escamotage, l'indagato avrebbe stipulato contratti potenzialmente irregolari per più di due milioni di euro. Vista l'entità del raggiro, la procura contesta all'assicuratore di aver provocato alle vittime un danno economico «di rilevante entità». Da qui la contestazione di truffa aggravata.

IL RICICLAGGIO
La moglie e la zia acquisita dell'indagato, invece, sono accusate di riciclaggio. Per l'accusa, avrebbero tentato di nascondere la provenienza illecita di una parte dei ricavi. A insospettire gli investigatori, sono state alcune operazioni bancarie anomale svolte dalle due donne sui loro conti correnti personali. Secondo gli inquirenti, avrebbero cercato di schermare la provenienza illecita di circa 400mila euro, «provento del delitto di truffa». Il pm sostiene infatti che quei soldi fossero stati guadagnati dall'assicuratore attraverso il giro di polizze false.