Roma, la 13enne molestata al Pincio: «Ho deciso: farò il carabiniere»

Baby gang al Pincio
di Alessia Marani
3 Minuti di Lettura
Martedì 21 Novembre 2017, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 16:08

Martina (è un nome inventato) ha 13 anni, frequenta la terza media a Roma Nord. Ha perso la mamma quando ancora non andava all'asilo. É coraggiosa o «forse un po' incosciente», come dice il papà che è commerciante. Sabato pomeriggio nei giardini del Pincio ha affrontato una baby gang di marocchini: sedicenni, diciassettenni ma anche un 18enne e un 19enne che l'hanno spaventata a morte, pretendendo da lei un rapporto sessuale come riscatto per la cassa bluetooth rubata a un amichetto con cui lei e altri stavano ascoltando la musica.

«Ridaccela», ha urlato senza esitare. Uno dei più grandi, l'ha afferrata e le ha intimato: «Solo se ci stai», mimandole un rapporto orale. È riuscita a scappare, è stata inseguita, le hanno lanciato contro sassi e bottiglie. Una brutta avventura, per fortuna finita bene, con l'arrivo immediato dei carabinieri del maggiore Aniello Schettino che hanno fermato 6 ragazzi, tra cui i due maggiorenni.

Ora è in casa, con il papà e il fratello. «Non ho avuto paura», ripete. «Che facevo non lo difendevo il mio amico? Non potevo permettere quell'ingiustizia. Certo ora al Pincio non andrò mai più». Papà Flavio (nome di fantasia) è sicuro che si riprenderà, perché è una ragazza in gamba. «Ma che choc sentire il suo racconto davanti al carabiniere nella caserma di via Mentana. Non credevo alle mie orecchie, mi è caduto il mondo addosso, mi sembrava tutto così assurdo. Al Pincio, in pieno centro, di pomeriggio. Noi romani ci siamo andati tutti da ragazzi. Ma oggi gira troppa brutta gente».

Martina è fiera e orgogliosa: «Non mi hanno fatto niente, erano solo parole. Che voglio fare da grande? La carabiniera, ho già chiesto come fare la domanda».

Flavio, sa che quei due bulli dopo la direttissima sono già tornati liberi?
«Fa male, ma non mi sorprende, me lo immaginavo. Anche perché erano parole e tali, fortunatamente, sono rimaste. Poi si sa che queste cose vanno così, in galera non ci va nessuno».

Vivono in una scuola occupata e pare che già in passato abbiano molestato un'altra ragazzina.
«Li ho visti nella cella di sicurezza: quei due ragazzi non hanno belle facce, ma non possiamo farci giustizia da soli».

Come ha reagito Martina?
«Mentre eravamo a fare la denuncia è scoppiata in lacrime, non è stato facile per lei descrivere tutto, si vergognava. La tensione era calata e si stava rendendo conto del pericolo che aveva corso».

È stata molto coraggiosa.
«Se coraggiosa o incosciente non lo so. O forse tutte e due. Non sono arrabbiato con lei. Però le ho detto che questa volta è andata bene, ma che poteva finire peggio. Che avrebbero dovuto lasciarla quella cassa, perché non si sa mai chi hai di fronte e come potrebbe reagire. Meglio lasciar perdere e chiamare subito i genitori o le forze dell'ordine. Se non altro le servirà d'esperienza».

Era la prima volta che la comitiva andava al Pincio?
«No, ci vanno spesso il sabato. Non avevano avuto mai problemi. Si conoscono tutti perché hanno frequentato la stessa scuola, chi va in terza media, chi in prima liceo. Stavano per andarsene per tornare a casa entro l'ora di cena quando si sono imbattuti nel branco, erano una quindicina».

Le più coraggiose sono state le femminucce.
«Sì, è vero. Non si sono lasciate intimorire. Ma sono bambine. Pensi che fuggendo via mia figlia ha chiesto a un'amica che è filippina quale fosse il numero d'emergenza e lei le ha detto il 911, quello americano. Per fortuna la chiamata è stata automaticamente girata alla centrale 112».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA