Roma, maxi truffa al money transfer:5 società multate per 11 milioni

Roma, maxi truffa al money transfer:5 società multate per 11 milioni
di Sara Menafra
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Sabato 11 Marzo 2017, 08:02 - Ultimo aggiornamento: 09:16

Per accorgersi del meccanismo che aveva generato una frode fiscale miliardaria, il procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi e il Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza avevano usato un meccanismo semplice ma ingegnoso: piazzare una telecamera davanti ad uno dei cinque money tranfer oggetto di indagine, tutti nella zona di piazza Vittorio. A fine giornata, nella porticina zeppa di locandine erano entrati 6 clienti in tutto, ma i sistemi di controllo bancari che registrano tutti i trasferimenti economici, dicevano invece che in quello stesso esercizio commerciale erano state fatte circa duecento operazioni di trasferimento di denaro, tutte piccole, rigorosamente sotto la soglia che obbliga ad ulteriori controlli.
Ora è il Garante per la privacy a sanzionare quelle stesse aziende, italo cinesi, indagate per reati di riciclaggio. Complessivamente, le società avevano sottratto al fisco un miliardo di euro. Le sanzioni del Garante, complessivamente per oltre 11 milioni di euro, sono state comminate perché le cinque società usavano in modo illecito i dati personali di più di mille persone inconsapevoli. Al centro del sistema individuato dalla procura di Roma c'era una multinazionale inglese, la Sigue global services Ltd, specializzata nell'invio di denaro all'estero. Questa azienda, con altre quattro società, raccoglieva e trasferiva in Cina somme di denaro riconducibili a imprenditori cinesi.

Per assecondare il desiderio della clientela di impedire l'associazione tra le rimesse finanziarie e i reali mittenti - spiega la stessa Autorità guidata da Antonello Soro - le società operavano attraverso la tecnica del frazionamento (dividendo cioè le somme di denaro in più operazioni sotto la soglia prevista dalla normativa antiriciclaggio) e attribuivano i trasferimenti di denaro a più di mille clienti del tutto ignari, utilizzando illecitamente i loro dati. Stando alle accuse raccolte dalla procura, il riciclaggio serviva a coprire rimesse provenienti dalla vendita di oggetti contraffatti ed un'evasione fiscale da capogiro.

IL MECCANISMO
Il trattamento dei dati avveniva senza consenso. I nominativi ai quali erano intestati i trasferimenti non erano mai i reali mittenti e, in alcuni casi, i moduli risultavano compilati da persone decedute o inesistenti, oppure non firmati. Gli invii di denaro, poi, venivano effettuati a pochi secondi l'uno dall'altro, per importi appena sotto soglia e indirizzati allo stesso destinatario. I nominativi cui erano attribuiti i trasferimenti, inoltre, erano tratti da fotocopie di documenti di identità, conservati in appositi raccoglitori, e da utilizzare all'occorrenza. Alla luce dei risultati dell'indagine, il Garante, tenuto conto della gravità delle violazioni commesse dalle società, del numero delle persone coinvolte i cui dati sono stati trattati senza consenso e della rilevanza della banca dati, ha inflitto le seguenti sanzioni: 5.880.000 euro alla multinazionale, 1.590.000, 1.430.000, 1.260.00 e 850.000 euro rispettivamente ad ognuna delle altre quattro società, per un importo complessivo di oltre 11 milioni di euro. Le società hanno 30 giorni di tempo dalla notificazione dei provvedimenti per il pagamento delle sanzioni.

 
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