Roma, mazzette sui certificati di morte: in 4 a giudizio per corruzione

Roma, mazzette sui certificati di morte: in 4 a giudizio per corruzione
di Adelaide Pierucci
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Venerdì 24 Novembre 2017, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 20:18
Mazzette sui funerali, anzi microbustarelle. Cinque o dieci euro a certificato di morte. Chiesti ai titolari delle pompe funebri per velocizzare le pratiche e pure, in qualche caso, a chi in momenti di debolezza, per aver perso un familiare, pagava e basta. È così che tre impiegati dell’ufficio Decessi del Campidoglio, in forza alla direzione Anagrafe, e un addetto della camera mortuaria dell’ospedale Sant’Eugenio avevano trasformato in un certificato a pagamento l’attestazione di una avvenuta morte. Con un’aggravante: i soldi, invece che nelle casse delle rispettive amministrazioni, finivano nelle loro tasche.

Scoperto il raggiro, sono cominciati i guai. Prima i licenziamenti e da ieri il processo. Il gip ha accolto le richieste del pm Roberto Felici, e spedito tutti a giudizio per corruzione. A Fabio Simone, capufficio dello sportello denunce di morte, e i colleghi Vittorio Maiozzi, Daniela Pratali, non era bastato autodenunciarsi quando hanno saputo che un servizio di “Striscia la notizia” li aveva smascherati.

Nel giro di poche settimane l’allora commissario Francesco Paolo Tronca ha firmato le lettere di licenziamento «per giusta causa». Il Campidoglio si è costituito parte civile. Anche Gianfranco Delussu, dipendente del Sant’Eugenio, pizzicato in un servizio televisivo successivo, dovrà fare i conti con processo e rischio di risarcimento al Servizio sanitario. Le difese sperano di ribaltare le accuse in aula. «Piccole regalie», dice l’avvocato Nicola Capozzoli che assiste due impiegati comunali. Il processo si aprirà a febbraio
 
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