Mafia capitale, il nodo dell'associazione mafiosa: così gli avvocati daranno battaglia

Mafia capitale, il nodo dell'associazione mafiosa: così gli avvocati daranno battaglia
di Cristiana Mangani
3 Minuti di Lettura
Sabato 21 Novembre 2015, 01:45 - Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 08:30

«Sai cos'è che mi fa proprio vomitare? È l'associazione mafiosa, mi avessero dato banda armata va bene...ma l'associazione. Te lo dico io, questa Mafia capitale è nata per nascondere altre cose». È tutta qui, in questa frase di Massimo Carminati intercettata dal Ros dei carabinieri, la battaglia che sta per aprirsi in un'aula di giustizia tra procura e avvocati. Tra i pm che hanno condotto la mega inchiesta romana e i difensori degli imputati ai quali viene contestata l'associazione mafiosa. Sì, perché se per il “Cecato” l'accusa di mafia è un'onta insopportabile, per i penalisti che dovranno cercare di smontare la pesante contestazione, sarà una battaglia sul filo del diritto, visto che in ballo c'è il rischio di condanne pesantissime.

L'avvocato Giosuè Naso che assiste l'ex terrorista dei Nar praticamente da sempre, è tra i più agguerriti sulla questione. Per lui, dice, quella di cui stiamo ragionando non ha proprio i caratteri tipici della grande organizzazione criminale a cui ci ha abituato il Meridione d'Italia. «Questa è una “mafia parlata” - afferma - Non ci sono morti né feriti. Pullulano gli episodi di corruzione, l'estorsione, ma c'è pure la turbativa d'asta. Quando mai un mafioso ha commesso reati di questo genere? Quelli, semmai, l'asta non la fanno fare proprio. E certamente non pagano le persone per ottenere favori. Le convincono in altro modo».

L'AGGRAVANTE
Eppure il procuratore Giuseppe Pignatone che sull'argomento si è espresso più volte, è convinto che esista una mafia autoctona, romanissima, dotata degli “indici rivelatori” della tipica struttura associativa mafiosa. L'obiettivo della sua procura è di riuscire laddove gli inquirenti hanno fallito nei confronti della Banda della Magliana, per la quale l'aggravante mafiosa è stata esclusa dal giudice.
E davanti alla Commissione parlamentare antimafia, ha ribadito perché anche questa romana è mafia.

«Perché presenta caratteristiche proprie, solo in parte assimilabili a quelle delle mafie tradizionali fin qui conosciute, ma consente di ricondursi al paradigma criminale dell'articolo 416 bis del Codice penale, in quanto si avvale del metodo mafioso, e cioè della forza di intimidazione derivante dal vincolo di appartenenza. Le conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà, sono generate dal combinarsi di fattori criminali, istituzionali, storici e culturali». Roma è certamente una realtà particolare, infatti - evidenzia ancora Pignatone «la forza di intimidazione non ha un territorio fisico istituzionale o sociale privilegiato, ma viene ugualmente percepita e subita da chi con essa abbia rapporti».


LE DIFESE
Insomma, l'intimidazione esiste e in che termini? Basta questo per parlare di mafia? Gli avvocati ritengono che non sia così. E anzi, Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi, il ras delle coop, sembra avere le idee chiare in proposito: «Buzzi non ha mai intimidito nessuno e i contatti che lui ha con Carminati sono solo legati agli affari».È chiaro, quindi, che su questo punto la battaglia sarà molto vivace.
In aiuto dell'accusa è arrivata la sentenza della Cassazione del 10 aprile scorso, con la quale i Supremi giudici hanno respinto il ricorso di alcuni degli imputati, dopo un Riesame sfavorevole.

Gli ermellini prendono in esame il rapporto tra associazione mafiosa e corruzione, confermando quello che ormai è un orientamento consolidato, secondo cui tutte le mafie, quelle “tradizionali” e quelle “nuove”, preferiscono sempre più ricorrere alla minaccia e alla violenza solo come extrema ratio. Nel caso di Mafia capitale, per piazza Cavour, «i soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione non costituivano la controparte dell'organizzazione, bensì, una volta assicurata la loro collaborazione, anche e soprattutto con metodo corruttivo, una provvista di opportunità per il gruppo».