Roma, «Ci siamo intascati 850 mila euro per i poveri»: la truffa che scuote la Fondazione S.M.Goretti

Roma, «Ci siamo intascati 850 mila euro per i poveri»: la truffa che scuote la Fondazione S.M.Goretti
di Ilario Filippone
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Domenica 5 Febbraio 2017, 10:03 - Ultimo aggiornamento: 7 Febbraio, 08:44
IL CASO
Nel 2016, il presidente di una fondazione dello Stato pontificio avrebbe fatto cassa con i finanziamenti comunitari erogati per le famiglie povere, sottraendoli ai legittimi assegnatari. Bruno Dellamotta, 69 anni, almeno fino a sei mesi fa a capo della fondazione ecclesiastica Santa Maria Goretti, con sede a Città del Vaticano, è indagato nell'ambito di un'inchiesta della procura distrettuale di Catanzaro. Per lui, è stato spiccato un ordine di arresto. Il magistrato antimafia Nicola Gratteri lo accusa di aver succhiato, «per dirottarli in investimenti a rischio», contributi pubblici destinati al «Credito sociale», una cassa pensata per sostenere le famiglie disagiate in Calabria. Dopo avere acquisito tutta la documentazione necessaria, i carabinieri e la guardia di finanza hanno captato la voce di in suo complice, Ortenzio Marano, amministratore delegato della Coperfin spa.

LE INTERCETTAZIONI
L'uomo non sapeva di essere intercettato: «Io, tu e Bruno esordì al telefono con il fedelissimo imprenditore Giuseppe Castelli - ci siamo fottuti ottocentocinquantamila euro di finanziamenti pubblici, punto». Secondo gli investigatori, Bruno è Bruno Dellamotta. Il progetto giubilare: tutto comincia con la Regione Calabria che delega la gestione finanziaria del Credito sociale alla Coperfin spa. Da quel giorno, i contributi comunitari erogati per i più deboli iniziano a fare un giro strano, il manager della Coperfin spa foraggia se stesso. Ne danno conto gli accertamenti svolti dagli inquirenti: e' il caso dei bonifici accreditati sui conti della Wbt e della M&m, di cui è amministratore delegato proprio Ortenzio Marano. Qualche giorno dopo, le due società hanno siglato un accordo quadro con la Fondazione Santa Maria Goretti. Al centro dell'accordo, documentano le indagini, «la raccolta e la gestione di provviste finanziarie da investire sul mercato internazionale» e un fantomatico progetto giubilare. Il resto lo hanno fatto i dialoghi intercettati. Ascoltando in cuffia le conversazioni, i finanzieri e i militari dell'Arma hanno trovato i riscontri che cercavano.

L'ACCORDO
«Io, tu e Bruno ci siamo fottuti 850mila euro, punto. Con i fondi pubblici non si scherza, abbiamo fatto una truffa internazionale», spiegò l'intercettato Marano al suo fidato manager, Giuseppe Castelli. Era stato appena convocato dai magistrati: «Se prendono me chiosò poi prendono anche te e Bruno. O ho i soldi per ricostruire il fondo o devo denunciare tutti». Per il gip in realtà, stando agli accertamenti bancari, l'importo sottratto agli indigenti non sarebbe pari a 850mila euro. La somma è di poco inferiore. Scrive il giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Perri: «La documentazione acquisita, confermata dagli univoci esiti dell'attività captativa, comprovano come Marano, Castelli e Dellamotta si siano appropriati di parte dei fondi vincolati del progetto Credito sociale, nella misura di euro 825mila, distraendo tale somma dalla sua destinazione e utilizzandola per scopi personali, investimenti sul mercato a rischio». Gli investigatori hanno agganciato anche la voce del presidente della fondazione ecclesiastica. «La Bg disse - deve essere emessa nel nome del monetizzatore, ma i profitti in cash andranno a Goretti». L'inchiesta ora mira a fare chiarezza su alcune somme trasferite su conti aperti in una banca a Losanna. L'istituto di credito è saltato fuori dai colloqui captati.

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