Roma, emergenza immigrazione. Il prefetto: «No ai quartieri ghetto»

Roma, emergenza immigrazione. Il prefetto: «No ai quartieri ghetto»
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 21 Novembre 2014, 06:06 - Ultimo aggiornamento: 17:53
«Se il Campidoglio ci chiederà aiuto, non ci tireremo indietro. Più in generale, per i centri che dipendono dal Viminale, noi abbiamo fatto la scelta di evitare la concentrazione in un'unica zona, meglio distribuirli». Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma, prova a fare chiarezza di fronte alle tensioni di questi giorni causata dalle reazioni a Tor Sapienza e all'Infernetto per la presenza dei centri di accoglienza dei rifugiati.

Perché a Roma sta aumentando l'insofferenza dei cittadini nei confronti di queste strutture dove vengono ospitati gli immigrati?

«Teniamo conto di un elemento: l'immigrato, una volta ottenuto lo status di rifugiato, non è obbligato a restare in una città, è libero di cercarsi un lavoro, se vuole. Per questo motivo la maggioranza punta a raggiungere le metropoli, dove spera di trovare un'occupazione. Per questo si concentrano soprattutto a Roma, Milano e Torino».

Andiamo per ordine. Come vengono distribuiti i migranti?

«Sostanzialmente ci sono due circuiti. Uno è quello statale, che si occupa dei richiedenti asilo. L'altro è quello comunale, da cui dipendono invece coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato, ma anche i minori non accompagnati. Per il primo caso - i richiedenti asilo - a Roma come prefettura ci appoggiamo sul Cara di Castelnuovo di Porto (qui ci sono 800 posti presidiati). Inoltre, come può vedere chiunque consultando il sito della Prefettura, abbiamo indetto una gara pubblica per individuare altre strutture, in modo da essere pronti quando Castelnuovo di Porto non ha più posti. Bene, ora abbiamo a disposizione ventiquattro centri, dodici a Roma città, dodici in provincia. Attenzione, stiamo parlando dei richiedenti asilo, immigrati appena arrivati in Italia che appunto hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato politico».



Quanti sono a Roma e provincia gli stranieri in queste condizioni?

«Tra i 3.500 e i 4.000. Abbiamo cercato di evitare le grosse concentrazioni in determinate zone e anche sulla base di questo principio sono stati scritti i bandi per cercare le strutture. Ci sono offerte che sono state scartate per ragioni ambientali. Ecco, in generale, bisogna evitare che in un municipio vi siano troppe strutture o strutture con troppi ospiti».



Che differenza c'è con gli immigrati ospitati invece nei centri gestiti dal Campidoglio?

«Qui stiamo parlando di rifugiati veri e propri, ai quali le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale hanno già sancito lo status di rifugiato. In altri termini: per i richiedenti asilo, una volta che l'immigrato mette piede in Italia, si può dosare la distribuzione tra le diverse regioni e province. Quando invece uno straniero diviene un rifugiato, non è obbligato a restare in una determinata città. Per questo poi in molti arrivano a Roma. Nei centri del Comune vanno anche i minori non accompagnati. E' evidente che è consigliabile anche in questo caso evitare una concentrazione delle strutture in un'unica zona, soprattutto in quei quartieri dove già c'è disagio sociale».



Aiuterete il Campidoglio a superare questa fase di difficoltà che sta riguardando tanto Tor Sapienza, quanto l'Infernetto?

«Per ora non ci hanno chiesto aiuto, ma se sarà necessario siamo pronti a mettere a disposizione anche le nostre strutture. Ma noi non possiamo occuparci dei minori, servono operatori sociali che noi non abbiamo e che invece ha il Comune di Roma».