Roma, il piano freddo è in ritardo: i clochard dormono negli ospedali

Roma, il piano freddo è in ritardo: i clochard dormono negli ospedali
di Elena Panarella
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Lunedì 18 Dicembre 2017, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 08:41

Ogni notte, quando il freddo diventa più cattivo e non bastano più cartoni e giornali per difendersi, tanti senzatetto, pur di non dormire per strada e rischiare la vita (non sono rari i casi di decessi per ipotermia), riempiono i pronto soccorso degli ospedali romani. E così nella piastra del Dipartimento di emergenza del San Camillo così come all'Umberto primo o al San Giovanni, oppure al Grassi di Ostia, non si nega mai una coperta o un pezzo di pane alle decine di persone che non hanno bisogno di assistenza sanitaria ma di un conforto sociale. Un vero e proprio esercito di 7.500 senzatetto, di cui 3.000 vivono in strada, e che non hanno un luogo sicuro dove passare la notte.

 

EMERGENZA
«Il Comune è nuovamente in ritardo sull'emergenza freddo», ha detto pochi giorni fa Marco Impagliazzo, presidente della comunità di Sant'Egidio. «Avevano indetto una prima gara per 230 posti in più ma le offerte ne hanno coperte solo 40 - aggiunge - Non c'è stato un avviso pubblico come avremmo desiderato, ad agosto, per dare tempo alle associazioni di organizzarsi». Sei giorni fa, quando le temperature scesero sotto zero, il Comune ha emesso un'ordinanza per affrontare l'emergenza, ma nulla è cambiato. Ogni notte il popolo degli invisibili arriva nelle sale d'attesa degli ospedali per usare i bagni e le sedie come rifugio. «Ma non può essere questa la soluzione», ripetono da anni medici e pazienti. Il San Camillo è tra i più gettonati da sempre. Il tempo di affacciarsi e notare un fagotto raggomitolato su una sedia, uno dei tanti fantasmi, in una notte, una solita notte, di ferite, coliche, influenza. «Fuori fa freddo», un soffio quello che esce dalla bocca della signora, cerca riparo qui al Pronto soccorso, «qualche volta anche all'Umberto I». Stringe la borsa e tenta di riaddormentarsi. Sirene, barellieri, arriva un nuovo codice, rosso o giallo. Tutto finisce poco più in là, di fronte alle sale dei medici. Fuori, nella sala d'attesa, sette senzatetto dormono sulle sedie. Uno si chiama Giulio, o almeno così dice. Ha una cinquantina d'anni, da cinque dorme per strada, prima in via Marsala. Poi, ricoverato per un malore, ha scoperto questo posto. «Soffre di alcolismo - racconta un infermiere - e spesso ha bisogno di cure. Farlo dormire all'aperto sarebbe disumano». Due anziani coniugi discutono di scadenze di pagamenti, una giovane donna litiga con il fidanzato via cellulare, un uomo sulla cinquantina è assorto nei suoi pensieri.

IL VIAVAI
«Non è sempre così - interviene un infermiere tutto precisino - Qui, certe notti, arriviamo anche a cento interventi in 12 ore». Si crea dibattito, l'atmosfera abbandona la sonnolenza. Altro ospedale, stessa notte di sonno precario all'Umberto I. Sembrerebbe una paziente in attesa di essere medicata una signora sulla sessantina con escoriazioni alle gambe. Invece si è fatta male da sola. Assopita, ha perso l'equilibrio e si è risvegliata a terra. Alri chiacchierano con delle coperte addosso. Stessa fotografia al San Giovanni. La vita in strada è una lotta. Lo è anche trovare posto in una struttura del Comune. «Come è possibile che la sala d'attesa venga scambiata per un ricovero notturno - dice il consigliere regionale (FdI), Fabrizio Santori - È intollerabile, sia dal punto di vista sanitario che umano. Quelle persone dovrebbero essere aiutate dall'amministrazione, con un piano adeguato, e i pazienti e i loro familiari dovrebbero essere accolti in sale pulite». «Se da una parte si accetta il fatto che le persone rimaste senza una casa cerchino un posto caldo dove rifugiarsi, dall'altra bisogna anche tener conto che l'utente che viene al Pronto Soccorso soffre o prova disagio nel trovarsi in questa situazione», spiega il presidente del Club della Libertà per le politiche sociali e sicurezza, Marco Rollero».
 

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