Roma, chiude «Circolo ragazzi '48»: memoria storica del ghetto

Roma, chiude «Circolo ragazzi '48»: memoria storica del ghetto
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Venerdì 3 Febbraio 2017, 20:48 - Ultimo aggiornamento: 5 Febbraio, 12:02
Il primo marzo chiuderà «il Circolo dei ragazzi del '48» nel cuore del ghetto di Roma e sua memoria storica. Intitolato a Raimondo di Neris, detto Zì Raimondo, sopravvissuto alla shoah e principale artefice della protesta contro Eric Priebke, il circolo è nato nel 2002 ed è un «Moadon», ovvero un centro culturale, dove si discute di politica, dei problemi della Comunità ebraica e si tiene viva la memoria del ghetto. In via Reginella questa sera, come tutti i venerdì si mangia e si beve insieme e si discute. Erano in tanti, seduti dentro e in piedi fuori e rigorosamente con la porta aperta.

«Abbiamo avuto l'onore di ospitare - spiega il presidente Angelo Sermoneta, più noto tra gli ebrei romani come 'Baffonè il presidente Ciampi, gli ambasciatori di Israele, Spielberg e Woody Allen. Ma tutti gli ebrei del mondo quando vengono a Roma ci vengono a trovare. Siamo un punto di riferimento praticamente il cuore del dibattito del ghetto». Ma forse per i vertici della Comunità ebraica non è più così. «Prima c'era un contributo della Comunità ebraica - dice ancora Sermoneta - ma con la crisi c'è stato tolto e non riusciamo più a pagare mille euro di affitto al mese. Siamo andati avanti con delle collette ma ora non è più possibile e a fine febbraio dovremo chiudere.

Sui libri di storia argentini raccolti nella Biblioteca nazionale del Paese latinoamericano - spiega un magistrato argentino che 15 anni fa fu accolto dai ragazzi del '48 -
«ci sono le foto esterne del circolo e i suoi cimeli».
Tra i tanti anche quelli realizzati con il filo spinato strappato trent'anni fa nel campo nazista di Auschwitz. Ma ci sono anche quadri di artisti importanti.
«Per protesta - dice Sermoneta - non regalerò niente alla Comunità ebraica ma butterò tutti i ricordi nei sacchi dell' immondizia».

I
«Ragazzi del circolo» stanno anche pensando di staccare le pietre collocate nella strada, fotografate dai tanti visitatori. C'è la pietra che raffigura la deportazione del 16 ottobre e quella con il candelabro a otto bracci. «Siamo gli unici che all'interno del ghetto, davanti al bar Toto - dice 'Baffonè - che accendono il candelabro negli otto giorni dell'hanukkah, siamo l'unica luce rimasta del ghetto e sta per spegnersi». Speriamo tanto, dicono con rammarico in molti, che al posto del circolo non sorga l'ennesima paninoteca.
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