Roma, Caffè Greco sotto sfratto: è guerra per il suo "tesoro"

Roma, Caffè Greco sotto sfratto: è guerra per il suo "tesoro"
di Simone Canettieri
3 Minuti di Lettura
Venerdì 15 Dicembre 2017, 07:42 - Ultimo aggiornamento: 16 Dicembre, 18:51


La guerra per l'Antico Caffè Greco è già scoppiata, ma ancora non si vede. Basterà aspettare. Intanto, nella Sala Rossa, davanti a un pianoforte a coda, tra camerieri basculanti in frac e turisti giapponesi abbacinati che non sanno dove guardare (Guttuso? La foto di Buffalo Bill? Il cravattino tricolore di D'Annunzio? La collezione dei polacchi?), può capitare di mettersi seduti sul divano di Hans Christian Andersen.
 

 


«Gentilmente donato», visto che abitò da queste parti, in via Condotti. Questa storia però non è una fiaba e si prepara a diventare un feuilleton a carte bollate. Finale aperto e incerto. Lo scorso 6 novembre il tribunale di Roma ha ordinato alla Antico caffè Greco srl di rilasciare l'immobile (250 anni di storia-cultura-musica-pittura-letteratura-politica della Capitale: «Oh, vita!», direbbe Jovanotti) ai legittimi proprietari. E cioè all'Ospedale Israelitico, proprietario delle mura. L'esecuzione dello sfratto è prevista a partire dal prossimo 20 marzo.
 
LA DIFESA
L'ingegner Carlo Pellegrini, il titolare della società con 40 dipendenti all'attivo (tutti in livrea e tutti così in tono con i velluti rossi e gli specchi stile Grande Gatsby) è pronto ad appigliarsi con le unghie e con i denti alla targa esposta proprio fuori dalla porta del locale. Ossia al decreto del ministero della Pubblica Istruzione (agosto 1953) che sottopone «a vincolo conservativo» tutto questo locale pazzesco (equivalente italiano, massì anche meglio, del Procope di Parigi). Di cui fanno parte i circa 400 pezzi tra pinacoteca (l'ultimo quadro arrivato è La Barca della vita), foto (ce n'è una mitica con Flaiano, Palazzeschi, Brancati, Welles, Lea Padovani: giusto per capire gli avventori), sculture (dall'alto spunta il calco originale della mano di Primo Carnera che fa impressione), miniature che si aprono al pubblico. Il gestore che si dice proprietario degli arredi (cioè del tesoro), della licenza e dei marchi registrati spiega: «Anche volendolo, non posso portarmi via nemmeno un quadro, altrimenti vengo denunciato. E poi noi non vogliamo andare via, anzi».
L'ordinanza del Tribunale di sfratto prima di diventare esecutiva tira in ballo anche il ministero dei Beni Culturali che in qualche modo dovrà esprimersi. È possibile scindere - e qui sembra un romanzo di Calvino - le mura da quello che vi è dentro? Dall'Ospedale israelitico, ora in sesto dopo la bufera giudiziaria, dicono che il Caffè Greco «non chiuderà», ma che, al massimo, «cambierà gestore». Perché fuori c'è la fila per entrare. E anche grandi griffe (girano voci un po' smentite e un po' no di Armani e Prada) sono interessate a questa perla incastrata tra via Condotti e via delle Carrozze. «Senza cambiare nulla, ovviamente», dicono dalla struttura dell'Isola Tiberina gestita dalla comunità ebraica, a metà con un commissario prefettizio. E qui si entra nel nodo del contendere: l'affitto. Attualmente l'ingegner Pellegrini sborsa circa 18mila euro al mese per tutto il locale. «Una cifra irrisoria. Visti - è la risposta - il valore del posto e dove si trova potrebbe essere dieci volte di più».

IL CONTRATTO
Il braccio di ferro è scattato con la scadenza del contratto lo scorso settembre seguita dalle trattative sfumate per rivedere il canone. I titolari della licenza vorrebbero anche acquistarlo, l'immobile. Dall'Israelitico non ci pensano nemmeno, ma vogliono far fruttare il più possibile questo gioiello di famiglia (donazione di una paziente) soprattutto di questi tempi. E così è scoppiata la guerra. Come finirà? I riferimenti letterari sono fin troppi. E c'è materia anche per la Strenna dei romanisti, l'associazione che ha sede qui. Tra il salone con il busto di Vittorio Emanuele e quello Omnibus (primo esempio di lucernario in Italia) vicino a cui campeggia un monito latino che tradotto suona così: «La luce non è maggiore gloria per i posteri».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA