Roma, l'autista chiude il bus e va via: bimbo disabile resta prigioniero

Roma, l'autista chiude il bus e va via: bimbo disabile resta prigioniero
di Paolo Ricci Bitti
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Sabato 25 Marzo 2017, 07:32 - Ultimo aggiornamento: 13:09
«Mio figlio disperato, in lacrime, era prigioniero dentro quell'autobus e io non potevo fare nulla per liberararlo. Gabriele piangeva e teneva la faccia e le mani schiacciate sui vetri della porta centrale, ma non era possibile aprirla nemmeno dall'esterno».
L'incubo di ogni madre si è materializzato ieri alle 7.40 in via Quarrata, Fidene, capolinea della linea Atac 336.

PORTA CHIUSA
Nel tardo pomeriggio la voce della signora Daniela vacilla ancora. Gabriele, tredicenne, seconda media alla Carlo Levi, è nella sua stanza. «Non sappiamo se lunedì vorrà tornare a scuola, è sconvolto e questa storia rischia di cancellare tanti dei progressi fatti in questi anni».
Al bambino è stato riconosciuto un leggero ritardo cognitivo, ma con l'aiuto della famiglia e di assistenti dell'Asl e del Comune, che lo seguono anche al di fuori dell'orario scolastico, si è costruito una notevole autonomia.
Come quella che gli consente, già dallo scorso anno scolastico, di andare da solo ogni mattina alla Levi con i mezzi (una manciata di fermate).
«Gabriele era sceso puntuale in strada - racconta ancora la madre che ha presentato un esposto nella sede di Largo Labia dell'Atac - ma il suo bus delle 7.30 non è passato perché guasto. Allora lui è salito su quello che sarebbe dovuto partire dopo 15 minuti. Si è messo sui sedili al centro e mi ha telefonato per dirmi del contrattempo. L'autista era al suo posto e quindi dovrebbe non solo averlo visto salire e accomodarsi, ma anche sentito parlare con me al cellulare».
«Fatto sta che quell'uomo a un certo momento è sceso dal bus, ha chiuso le porte, è salito sulla sua macchina e se n'è andato.

PIGIAMA
Mio figlio si è allora trovato prigioniero di quel mezzo. Lì per lì, quando mi ha richiamato tutto agitato, non ho capito che cosa stesse avvenendo e mi sono buttata giù per le scale in pigiama, senza nemmeno mettere una cosa addosso. Per fortuna abitiamo vicino alla fermata. E in strada ci siamo trovati io e mio figlio divisi da quella porta chiusa del bus. Ho provato ad aprirla, a spingere bottoni, a forzarla con le mani, ma niente. E intanto Gabriele era scoppiato a piangere. Non c'era nessuno che potesse aiutarmi e allora ho chiamato i carabinieri. Saranno passati dieci minuti, ma pensate quanto sono stati lunghi per mio figlio e per me. E quando l'autista è tornato e l'ha finalmente liberato, non è stato per nulla comprensivo, anzi, ha detto: «E che mai sarà successo?». Già, guardate come sta adesso Gabriele, chissà quando vorrà di nuovo andare a scuola con i mezzi».

IL CAMBIO
L'Atac ha intanto avviato un'indagine chiarendo che l'autista inizialmente sul bus 336 aveva finito il turno quando si è allontanato. Dovrà quindi spiegare perché non ha atteso il cambio. «Siamo ovviamente molto dispiaciuti per quanto eventualmente accaduto - dicono dall'azienda - e ce ne scusiamo con la signora e con il figlio. Ricostruiremo nel dettaglio l'episodio e prenderemo, se necessario, provvedimenti nei confronti di quell'autista».