Quando bellezza e cultura si pagano. Resta il nodo: chi decide e chi incassa

di Claudio Strinati
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Lunedì 19 Settembre 2016, 23:57
Era molto tempo che notavo le file davanti alla Bocca della Verità ma non mi ero mai chiesto come fosse organizzata quella strana visita dove ci si mette in fila dentro lo stretto ingresso della chiesa di Santa Maria in Cosmedin.

E poi, senza entrare in chiesa, si cammina fino a infilare una mano dentro la bella scultura, che è un antico chiusino, per scherzare un momento sul fatto che se dici una bugia la mano te la mangia e per farsi una fotografia. Col tempo questo divertente passaggio si è trasformato in un must turistico, o col passaparola, o con una buona organizzazione delle agenzie o non so con che altro. Il Rettore aveva pensato di mettere un vero biglietto invece che mantenere il vecchio sistema della libera offerta. Poi è intervenuto il vicariato, che non era stato informato, bloccando l'iniziativa.

In ogni caso il Rettore ha fatto bene, ha fatto male? Oggi tutti predicano che la cultura deve rendere, senza per questo ledere la conservazione e la dignità del patrimonio. E qui ci siamo: nessuno danneggia l'antico tondo se ci mette dentro una mano e si fa una fotografia alla presenza di un solerte personale di vigilanza. Che male c'è, allora, a chiedere un biglietto per esaudire un desiderio così spontaneo? Nessuno a dire il vero e non c'è dubbio che quel biglietto vada a fin di bene. Basta pagare poi le tasse, se dovute. Non è consentita più di una foto a persona, così la fila scorre e tutti possono essere accontentati, quasi come al Louvre dove ti fanno fare la fila per la Gioconda e poi neanche ti permettono di vederla perché appena ci arrivi davanti devi continuare a camminare, tanto le fotografie si possono fare mentre si aspetta e i custodi sono fin troppo tolleranti, mentre nel nostro Paese c'è talvolta maggiore attenzione alla tutela dell'arte.

Certo, la spinta a far fruttare il patrimonio culturale è imposta da circostanze difficili che impongono di trovare fondi per la conservazione ben al di là dei tradizionali finanziamenti pubblici, sempre insufficienti malgrado gli ottimi progressi degli ultimi tempi che però ci confermano come il Ministero dei beni culturali non debba mai perdere l'occasione di formulare criteri e regolamenti generali proprio a fronte di casi che sembrano invece del tutto particolari come quello della Bocca della Verità. Soprattutto riemerge qui il problema della proprietà che è gigantesco anche nel campo della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale pubblico. Infatti non è mica lo Stato l'unico proprietario del patrimonio culturale della Nazione. A Roma questa anomalia si nota molto e la mancata soluzione dei relativi problemi che ne scaturiscono è la causa principale delle colossali incertezze sulla gestione dell'immensa area archeologica (e non solo, considerando il numero di chiese, palazzi monumentali, giardini) centrale. 

La Bocca della Verità è un tassello minimo ma ragguardevole dentro questa area, che non è un parco giochi ma è città vivente. Ma di chi è quest'area? È del Comune, dello Stato, della Diocesi, del Vicariato, del Vaticano, di fondazioni, istituti bancari, gruppi imprenditoriali, associazioni no profit, associazioni a delinquere non ancora individuate dalla magistratura inquirente? Tolte queste ultime, è vero che il patrimonio, di cui la Bocca della Verità fa parte, è disseminato tra innumerevoli proprietà e questo complica assai le cose. Si obbietta: ma la Soprintendenza o le Soprintendenze hanno comunque l'ultima parola sulla gestione, i restauri, la conservazione, la fruizione. Sì, è vero ma fino a un certo punto, cominciando dal fatto che a Roma di Soprintendenze e Direzioni ce ne sono a decine e sono statali tranne quella comunale, importante e rispettata. Allora deve intervenire la sindaca Raggi per stabilire se sia lecito e opportuno il biglietto sulla Bocca della Verità? Debbono poi intervenire, in pienezza dei poteri loro attribuiti, il vescovo di Roma (che è il Papa) o il vicegerente? Il soprintendente? il polemista nullafacente? il giornalista competente? L'eterno vero problema è il rapporto pubblico-privato nella gestione dei Beni culturali. Se il patrimonio è pubblico, l'introito dovrebbe essere pubblico.

Ma il Rettore dalla Chiesa non è esattamente un pubblico funzionario pur avendo la responsabilità di mantenere integro e vitale il patrimonio affidatogli. Qui emergono paradossi. Per esempio, una super Bocca della Verità, in questa ottica, è il Colosseo il cui biglietto di ingresso (che un tempo si chiamava più correttamente tassa di ingresso) è una mano santa per lo Stato che ne è proprietario. Ma, storicamente, eticamente e politicamente, non era affatto scontato che al Colosseo lo Stato dovesse imporre un biglietto, da far comunque gestire poi a un privato così come vuole la normativa vigente e come di fatto è. Ecco la questione pubblico-privato. Che vale, certo in maniera diversa, anche per la Bocca della Verità. Comunque, si paga e vorrà dire che sono cose importanti.
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