L'ORGANIZZAZIONE
Il bilancio dell'indagine condotta dalla Dda romana guidata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, è da capogiro: più di tre tonnellate di stupefacente sequestrato insieme a 245mila euro in contanti. Altre 96 persone sono state arrestate fuori dall'Italia, dove gli inquirenti hanno recuperato più di 11 milioni di dollari.
Il boss capitolino era il pluripregiudicato Venanzio Tamburini, classe 1953. Con il genero, Ermanno di Rocco, e Antonio Antonini aveva organizzato e diretto «un'associazione finalizzata all'importazione, acquisto, trasporto, detenzione, vendita di sostanza», si legge nell'ordinanza del gip Maria Agrimi. La Moretti avrebbe messo al servizio del sodalizio la sua «esperienza nel settore», dispensando consigli sulla qualità del prodotto e svolgendo spesso il ruolo di assaggiatrice. All'interno della gang i compiti erano ripartiti in modo preciso. Tamburini dirigeva le danze, concordava quantità e importazioni. Per i contatti con l'estero, si appoggiava una rete di cittadini del Guatemala. La banda poteva contare addirittura su un autista privato: Giovanni Cardoni, di professione tassista. Lo stupefacente veniva smerciato nei quartieri periferici Corviale, Trullo e Casetta Mattei. La Moretti, invece, riforniva principalmente la zona di Albano Laziale, dove gestiva una rete di pusher alle sue dipendenze. Gli indagati erano scaltri. Usavano software di ultima generazione, riuscendo a comunicare tra loro in modo schermato. Al telefono parlavano in codice. Per dire che la droga era stata tagliata dicevano: «La ragazza si è cambiata». La «temperatura» era il contante. «Farò controllare i parcheggi», affermava invece il boss prima di verificare se i corrieri fossero stati arrestati. Nel corso delle indagini, condotte con pedinamenti, intercettazioni e agenti sotto copertura, gli investigatori hanno accertato almeno sette importazioni avvenute tra Civitavecchia, Fiumicino e Bologna.
© RIPRODUZIONE RISERVATA