Allarme commercio abusivo, dal Vaticano fino al Pantheon: ecco le 10 zone invase da merci false

Allarme commercio abusivo, dal Vaticano fino al Pantheon: ecco le 10 zone invase da merci false
di Camilla Mozzetti
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Mercoledì 27 Agosto 2014, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 10:40

Non serve girare per negozi per misurare la temperatura della crisi. Basta passeggiare per la Capitale e scoprire come i veri affari cavalcano l'illegalit ai bordi dei marciapiedi, mentre le saracinesche dei negozi continuano ad abbassarsi. Roma città di abusivi e di prodotti contraffatti, con un giro d'affari che rappresenta il 30% di quello nazionale: 7,5 miliardi di euro l'anno. Una storia conosciuta ai più, che ogni giorno, puntualmente, torna però a raccontarsi con dettagli sempre nuovi.

Perché se è vero che l'abusivismo è ormai un fattore endogeno del commercio romano e, di riflesso, un carattere sempre più somatico della società, è pur vero che non tutte le zone sono uguali e non tutti i prodotti, apparecchiati su infiniti lenzuoli bianchi, tavolini di cartone e cofani di automobili, sono gli stessi. Ogni area di Roma, maggiormente colpita dal fenomeno, ha una sua chiara fisionomia commerciale. E di fatto il risultato è solo uno: quartiere che vai, merce falsa che trovi.

LA PRESENZA

La Confesercenti e la Confcommercio, hanno passato al setaccio l'abusivismo romano, fotografando le zone più colpite e isolando i settori che, in quel determinato contesto, hanno attecchito meglio. In circolazione, ogni giorno, ci sono tra i 5 e i 6 mila ambulanti. Negli ultimi tre anni la loro presenza è andata crescendo di oltre il 20%. Questo ha portato - «anche grazie agli scarsi controlli da parte delle autorità», denunciati più volte dalle associazioni di categoria -, a infittire il reticolo del commercio illegale. «La situazione è ormai al collasso», afferma il numero uno della Confesercenti, Valter Giammaria. «Ed è ormai ridicolo parlare solo di abusivismo, quando la realtà ci piazza di fronte i mille volti del commercio illegale neanche fossero cataloghi di alta moda».

LA FOTOGRAFIA

Le zone rosse, isolate dalle associazioni, sono dieci. Ognuna di loro, decreta la Confcommercio, ha da mesi consolidato una determinata tipologia di vendita. Così, in via Ottaviano il commercio abusivo è fatto di occhiali di plastica e prodotti elettronici, come ricaricatori per cellulari, mascherine e piccoli pc. A Castel Sant'Angelo, e nell'intera area del Vaticano, a tenere botta sono i souvenir e le valigie, mentre al Pantheon, poco lontano dal colonnato, a esser vendute sono borse di finta pelle, copiate alle grandi case di moda. La stessa mercanzia che si trova a piazza Navona e per le vie del Tridente.

Da via Frattina a via della Croce, da via Borgognona a via Vittoria. Qui gli ambulanti inseguono i romani e i turisti, proponendo loro finti portafogli griffati, cinture e borse per computer. E ancora: in via Cola di Rienzo, accanto alle boutique, c'è chi vende tranquillamente capi d'abbigliamento copiati alle grandi maison.

I QUARTIERI

Pure nei quartieri residenziali della Roma bene, il commercio di prodotti falsi gioca il ruolo da protagonista. Su viale Parioli, ad esempio, poco lontano da piazza Ungheria,gli abusivi allestiscono giornalmente dei piccoli tavoli di cartone per vendere falso abbigliamento maschile, come polo, maglioni, camicie e ancora scarpe. C'è pure chi alza il tiro e offre, ad appena cento euro, rolex di plastica. Il guaio, poi, è che anche molta gente che si ferma ad acquistarli. Cambiando quadrante, come da copione, si cambia genere. A viale Marconi e sull'Ostiense, i pezzi forti sono gli elettrodomestici: macchinette per il caffè, frullatori, ma anche profumi.

I DATI

«In questo contesto, qualsiasi azione di contrasto - afferma Rosario Cerra, numero uno della Confcommercio Roma - porta a dei risultati deboli». E i dati lo confermano. Nel 2013 i sequestri compiuti a Roma dalle forze dell'ordine hanno riguardato per il 69,8% prodotti di alta moda contraffatti, per il 13% oggetti di elettronica e per il 16,6% beni di consumo. Ancora molto incerta, poi, la provenienza dei prodotti sequestrati. Per il 72,7% è impossibile stabilirne l'origine. Il 20,9% arriva dalla Cina, l'1,79% dall'Africa Settentrionale, mentre il 2,26% da altre città italiane.

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