Per il “finto parco” di Malagrotta anche 10 milioni dalla Regione

Per il “finto parco” di Malagrotta anche 10 milioni dalla Regione
di Massimo Martinelli
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Domenica 19 Gennaio 2014, 11:04 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 12:04
Erano dieci milioni tondi. Probabilmente Manlio Cerroni gi se li sentiva in tasca, con la tranquillit di chi aveva saputo piegare ai suoi interessi la politica ambientale di Comune, Provincia e Regione negli ultimi trent’anni. Il consiglio regionale della Pisana l’aveva deliberato appena quattro mesi fa, il 23 settembre: «Malagrotta diventerà un grande parco, la Regione si sta impegnando per stanziare 10 milioni di euro». Erano per pagare la Colari di Cerroni, naturalmente. In cambio di quella che, almeno sulla carta dove essere la bonifica della discarica più grande d’Europa. Non una bonifica qualsiasi, ma un’operazione “verde”, con il capping, cioè ricoprendo i rifiuti con la Fos (frazione organica stabilizzata), che altro non è che una sorta di terriccio che si ottiene dopo un processo di igienizzazione dei rifiuti solidi urbani. Ma già allora questo progetto fantasmagorico, che prevedeva persino la piantumazione di centinaia di alberi, affascinò solo i politici e la banda di Cerroni. Perché gli abitanti della Valle Galeria fiutarono subito la truffa e lo strillarono ai quattro venti, anche se nessuno raccolse l’allarme.



Inquinamento Dissero che una vera e propria bonifica non si può fare con la Fos. Che serve terra buona, ricca di elementi organici, e non materiale inerte che pur essendo per definizione «stabilizzato» potrebbe sempre rilasciare sostanze inquinanti. Dissero anche che quei dieci milioni di finanziamento, che in fondo erano soldi dei contribuenti, non erano dovuti. Perché facendo bene i conti in tasca a Cerroni, la bonifica era già strapagata con i soldi versati in bolletta dai romani. Lo sapevano anche i funzionari corrotti che lavoravano alla Pisana, completamente svincolati dai controlli della politica, oppure complici dei vertici delle istituzioni (e questo sarà l’inchiesta a stabilirlo). Ma loro, i Fegatelli, gli Ermolli, i De Filippis e gli altri che sono finiti ai domiciliari con Cerroni, agivano solo nell’interesse del ras delle discariche, come risulta dalle carte dell’inchiesta che sono state depositate nei giorni scorsi. «Le indagini, oltre che appurare la frode perpetrata in questi anni ai danni della “res pubblica”, hanno svelato i rapporti che si sono venuti a creare nel tempo tra le imprese del Cerroni ed i rappresentanti politici ed amministrativi delle amministrazioni regionali e locali succedutesi nel tempo, rapporti che spiegano le inerzie dell’ente Regione nei controlli e quindi la nascita di un regime di monopolio quasi perfetto a favore dell’imprenditore», scrivono i carabinieri nei loro rapporti.



La beffa É grazie a questi mancati controlli, che Cerroni aveva già pronta l'ultima truffa, quella della falsa Fos. Perché, si sono accorti i carabinieri del Noe, quel materiale con il quale voleva ricoprire i rifiuti di Malagrotta e incassare dieci milioni dalla Regione, non era nemmeno “frazione organica stabilizzata”. Era qualcosa di meno raffinato: in pratica erano rifiuti appena modificati. Gli investigatori se ne sono accorti giusto venti giorni dopo l’annuncio ufficiale di quello stanziamento da dieci milioni e lo hanno comunicato in Procura. È in questo modo hanno fermato la corsa di Manlio Cerroni e dei suoi sodali.
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