Rifiuti a Roma, dietro la guerra di Malagrotta un maxi-affare da due miliardi

Rifiuti a Roma, dietro la guerra di Malagrotta un maxi-affare da due miliardi
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 27 Luglio 2016, 08:19

Per capire il grande affare attorno al quale ruota la guerra romana dei rifiuti, quelli che nessuno vuole nei cassonetti davanti casa, ma che per certi imprenditori possono valere oro, bisogna partire da un dato. Dicembre 2013: Ama gestisce lo smaltimento e il trattamento di appena il 25% dei rifiuti prodotti a Roma. Il restante 75% è appannaggio dell'universo Cerroni, attraverso il gruppo Colari. A leggere i numeri di oggi, quelle percentuali sono ribaltate: 70% Ama, 30% Colari. Ecco perché l'ex ras di Malagrotta, 90 anni a novembre, fiutata l'aria della nuova emergenza, smania per mettere le mani su un affare che lo riporti (o quantomeno riavvicini) agli antichi fasti. «Ho vinto io», ha detto l'altro ieri in un'intervista al Tempo. Perché l'assessore all'Ambiente, Paola Muraro, spinge per riportare nel tritovagliatore del Supremo, a Rocca Cencia, una fetta importante dei rifiuti capitolini. Proprio accanto a un altro impianto, che però è di proprietà dell'Ama, contestatissimo (solo quello) da un gruppo di comitati della zona. E finito nel mirino anche della sindaca Raggi nel suo primo blitz anti-rifiuti, la mossa che ha riaperto i giochi per la gestione dell'immondizia di Roma.

IL BUSINESS
Affari, più che giochi. Perché il business per il trattamento dei rifiuti vale 2 miliardi di euro in dieci anni. Ancora qualche numero: il nuovo contratto di servizio che il Campidoglio, gestione Marino, ha affidato ad Ama storna alla municipalizzata 11 miliardi di euro in 15 anni. 700 milioni l'anno. La metà finisce al personale della partecipata. Duecento milioni sono la posta per la gestione della spazzatura, 2 miliardi in dieci anni. Intascarne il 30 o il 70 percento fa una bella differenza. Ecco spiegato l'interesse di Cerroni e di altri imprenditori come Porcarelli, a cui il Supremo ha affidato il tritovagliatore finito al centro dello scontro tra Ama e Comune.
 
LA GESTIONE PANZIRONI
Sia nella partecipata che in Campidoglio, il ras di Malagrotta non ha sempre avuto nemici. Anzi. Per anni gli affari sono andati a gonfie vele. Anche quando Paola Muraro è stata dirigente della municipalizzata. Tanto che oggi, dall'opposizione, qualcuno alza il vento dei sospetti. Michele Anzaldi, deputato Pd: «La Muraro, prima di assumere l'incarico di assessore, è stata consulente di Ama per 12 anni, dal 2004 al 2016, sotto la gestione di Panzironi e Fiscon, nel periodo in cui Colari rappresentava il primo partner commerciale dell'azienda comunale». Per questo, il parlamentare renziano ora chiede «al Viminale di valutare se ci siano conflitti d'interesse».

«FUORI UNO»
Chi invece si è sempre opposto al semi-monopolio di Cerroni è stato l'attuale presidente di Ama, Daniele Fortini. E anche il suo ex braccio destro, Alessandro Filippi, direttore generale fino a marzo. Nel quartier generale di via Calderon della Barca, si racconta dell'sms inviato ad alcuni colleghi da uno dei 41 licenziati di Parentopoli: «Fuori uno. Ora tocca a quell'altro», cioè Fortini. Che infatti ora è pronto a lasciare. Dopo due anni di battaglie allo strapotere di Colari, con più di una resistenza interna. Un altro aneddoto che circola in Ama, racconta che quando, nel 2015, Filppi e Fortini diedero l'ordine di alleggerire i carichi proprio nel tritovagliatore di Rocca Cencia, ogni volta a fine giornata i consuntivi non riportavano nessuna diminuzione. Interrogati, i responsabili davano spiegazioni vaghe (o forse, invece, fin troppo chiare): davanti ai nostri Tmb - quelli di Ama, a Rocca Cencia e sulla Salaria - c'erano troppi camion, quindi andiamo da Colari. Che quelle porte non le ha mai chiuse, basta pagare.