Regione Lazio, M5S diviso. Centrodestra: spunta l'ipotesi Pirozzi

Regione Lazio, M5S diviso. Centrodestra: spunta l'ipotesi Pirozzi
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 27 Giugno 2017, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 16:55

Il Pd un candidato ce l'ha ma si ritrova con gli elettori in caduta libera (dimezzati quelli nelle elezioni di domenica), i Cinquestelle pregustano un remake dello scontro tra lombardiani e filo-Raggi andato in scena alle comunarie del 2016, mentre nel centrodestra tutti dicono che «solo uniti ce la giochiamo», ma il nome per cementare questa supposta unità va ancora trovato (per il momento fioccano le auto-candidature). In questa grande incertezza, neanche la data delle elezioni è sicura. Eppure la corsa per la Regione Lazio, archiviata la tornata amministrativa di domenica, è già partita. E i tre blocchi studiano le mosse per conquistare (o conservare) la Pisana.

I DEMOCRAT
Il Pd si aggrappa a Nicola Zingaretti, ultimo esponente democratico rimasto in carica, fatta eccezione per il sindaco di Viterbo, in una geografia politica che nel Lazio, negli ultimi quattro anni, ha cambiato completamente colori. Il governatore uscente per il momento continua a occuparsi dell'azione amministrativa; in campagna elettorale, alle ultime comunali, si è visto a Cerveteri, l'unico fortino rimasto al centrosinistra. Quella per la Regione, dicono i suoi, è una partita diversa, perché si gioca su un turno secco. Chi prende un voto in più, vince tutto. First past the post, come dicono gli inglesi. Ecco perché servirà una coalizione larga, non va replicato il modello Giachetti che alle ultime comunali ha tagliato fuori la sinistra. Non è un caso che Zingaretti abbia confermato in giunta gli scissionisti di Mdp e tenga buoni rapporti con il Campo progressista di Pisapia, tanto che sabato sarà insieme all'ex sindaco di Milano a piazza Santi Apostoli.

Il centrodestra coltiva il sogno Sergio Pirozzi, il battagliero sindaco di Amatrice diventato uno dei volti più popolari del terremoto che ha colpito il Centro Italia l'anno scorso. Dopo diversi «no», qualche apertura ultimamente c'è stata: «Non escludo di candidarmi». Ma è un'operazione che va ancora costruita. Il nome, dicono in Forza Italia, è stato sottoposto anche a Berlusconi. Anche lui convinto, così come Giorgia Meloni, che nel Lazio vada trovata una candidatura unitaria, evitando di ripetere l'errore delle ultime comunali, quando il centrodestra mancò il ballottaggio per colpa delle sue divisioni intestine. Forse per rimarginare quella ferita, ora qualche azzurro, nelle riunioni riservate, ha perfino riproposto la carta Meloni, che correndo da sindaca senza FI ha raccolto oltre il 20 percento. La leader dei Fratelli d'Italia al momento non pare molto interessata. «È ovvio che il nome di Giorgia abbia un appeal fortissimo a Roma - ragionano nel suo entourage - e si è visto bene un anno fa, ma questo non significa che possa candidarsi a qualsiasi carica». Più che altro l'ex ministro della Gioventù dovrà capire quale sarà la partita da giocare sul piano nazionale, l'asse con Salvini e il rebus dell'alleanza con gli azzurri per le politiche. La questione laziale viene dopo. Ecco perché Fdi spinge per candidare Fabio Rampelli, capogruppo del partito alla Camera, con alle spalle una lunga esperienza in Regione come capofila di An. Anche i forzisti però vorrebbero interpretare un ruolo di primo piano e per la poltrona di governatore circola il nome del senatore Claudio Fazzone, anche lui con un passato alla Pisana, e dell'ex sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro, oggi in Senato. «L'importante è riuscire a tenere la coalizione compatta, perché il centrodestra diviso sprecherebbe una grande opportunità», dice Davide Bordoni, luogotenente di Berlusconi nella Capitale.

LE DIVISIONI TRA I GRILLINI
Nei Cinquestelle valuta la discesa in campo Roberta Lombardi, come rivelato dal Messaggero, ipotesi accolta con gelo dalla sindaca Virginia Raggi. La quale ha fatto capire chiaramente che la designazione del candidato grillino dovrà passare per «le primarie online». Qui potrebbe spuntare un candidato anti-Lombardi, forte dell'appoggio dei pentastellati che tifano «Virginia». Quasi una riedizione dello scontro tra la Raggi e il lombardiano De Vito che tra veleni in chat e dossieraggi avvelenò le comunarie del 2016.
 
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