Roma, calvario nei pronto soccorso, esaurite le barelle: ambulanze ferme 50mila ore

Roma, calvario nei pronto soccorso, esaurite le barelle: ambulanze ferme 50mila ore
di Camilla Mozzetti
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Lunedì 16 Gennaio 2017, 08:03
Tira un gancio al cielo quando dal display del cellulare l'infermiere dell'Ares 118 capisce che la Lazio va in vantaggio. E' fermo nel cortile del pronto soccorso del Policlinico Umberto I, aspetta che la lettiga della sua ambulanza venga riconsegnata dai medici del triage. Ma è già passata più di un'ora dal suo arrivo. E l'infermiere continua a gustarsi la partita di calcio sullo smartphone. «Non creda - dice - oggi (ieri ndr) è una giornata abbastanza tranquilla, di solito qui fuori ci sono molte più ambulanze ferme che non possono ripartire perché non ci liberano le barelle».
Due notti fa, Raffaella Novaldi, una giovane romana di 23 anni, colta da un attacco epilettico, è deceduta pochi istanti dopo essere arrivata al policlinico di Tor Vergata. Secondo i parenti che hanno ha presentato una querela ai Carabinieri di Tor Bella Monaca, l'ambulanza sarebbe arrivata con enorme ritardo. Oggi l'informativa arriverà in Procura.
Ore 16.00: di fronte all'ingresso del triage dell'Umberto I sostano 5 mezzi del 118. Il personale gira per i corridoi del pronto soccorso, le braccia giunte dietro la schiena, aspettando di poter riavere il proprio materiale. Dalla porta scorrevole che si apre a intermittenza, le lettighe si vedono ma quelle libere non ci sono.

LE ATTESE
Un'anziana aspetta di poter fare una radiografia. E' sdraiata su una di quelle barelle. In sala d'aspetto anche un giovane è disposto su una lettiga. Cambi di letto? Impossibile al momento. Quelli in dotazione al triage sono tutti occupati. In gergo li chiamano blocchi-barelle, vale a dire le soste obbligate delle lettighe del 118 nei pronto soccorso, occupate da pazienti che aspettano una visita o un ricovero, e che generano nove volte su dieci un'inevitabile ritardo sulle prestazioni dell'Ares. Perché senza lettighe i mezzi di soccorso non possono muoversi, non possono rispondere alle chiamate e se lo fanno, dopo aver atteso per ore la riconsegna di una lettiga, è inevitabile che si vada incontro a un ritardo sugli interventi. Il problema, che attanaglia moltissimi ospedali romani, deriva anche dal fatto che, oltre ai posti letto che mancano nei reparti, le dotazioni strumentali dei triage sono in larga parte obsolete e non bastano a servire l'utenza. «Se non hanno i letti dentro o non ci sono posti nei reparti - osserva l'infermiere di fronte all'Umberto I - non possono mica mettere i pazienti per terra». Li lasciano sulle lettighe. Tra i corridoi del pronto soccorso del San Camillo, ad esempio, ieri diversi letti ospedalieri rotti erano ammassati alla pareti. «Qui a volte è un disastro - confida un'infermiera del 118 nel cortile - se c'è un'emergenza seria, noi non possiamo rispondere con tempestività perché abbiamo il mezzo fermo senza barella».

I BLOCCHI
Secondo le stime dei sindacati, nel 2016 si sono verificati nei triage romani quasi 70mila blocchi-barelle per circa 50mila ore di sosta (non dovuta) delle ambulanze. «Per cercare di contrastare il fenomeno - spiega Primo Trinca, responsabile Cisl-funzione pubblica 118 - l'Ares da anni attiva le cosiddette spot, rinforzi privati che subentrano alle ambulanze dell'azienda bloccate nei pronto soccorso». L'operazione chiaramente non è a costo zero. Il turno di 24 ore di una spot costa mille euro. «In un anno - conclude Trinca - l'Ares arriva a spendere obtorto collo circa 6 milioni di euro».