Roma, prete compra un iPad dai ladri, poi lo riporta alla proprietaria ma pretende soldi: condannato

Roma, prete compra un iPad dai ladri, poi lo riporta alla proprietaria ma pretende soldi: condannato
di Adelaide Pierucci
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Martedì 29 Marzo 2016, 10:07 - Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 10:28
Non un ricettatore incallito. Né un taglieggiatore. Se l'è cavata con una condanna per incauto acquisto il vicario della Basilica Santa Maria Sopra Minerva, finito in manette con l'accusa di estorsione e ricettazione. Prima aveva acquistato in un mercatino un iPad, poi aveva capito che era stato rubato e aveva rintracciato la legittima proprietaria per dirle che il tablet era in mano sua: a quel punto, però, pretendeva da lei i 150 euro che aveva sborsato per comperarlo. Ora il prete dovrà pagare una ammenda di 300 euro. Il giudice monocratico non ha avuto dubbi: il sacerdote avrebbe agito in buona fede. Da qui la riqualificazione del reato di ricettazione (per l'acquisto di merce rubata) in incauto acquisto, e l'assoluzione dal reato di estorsione.

Un sollievo per don Andrea Perrotti, che, nel marzo 2014, per quell'acquisto affrettato, era finito in manette e aveva passato una notte in cella in una caserma. Il sacerdote sin dal primo momento aveva rivendicato la propria innocenza. Tanto che, quando i carabinieri erano giunti nella basilica per conto della vittima, con i soldi fotocopiati e pronti a far scattare le manette, non voleva sentire ragioni. «Io ho comprato l'iPad in un mercatino all'Ostiense e l'ho pagato 150 euro. E tot soldi rivoglio. Comunque sto facendo un favore alla proprietaria, no?»: così si era sfogato mentre un appuntato che si era finto amico della proprietaria dell'Ipad, un'universitaria napoletana, lo portava via in stato di arresto dal suo alloggio della Casa dei frati dominicani, accanto alla Basilica, a un passo dal Pantheon. Un alloggio che in un primo momento era stato posto sotto sequestro per ordine della procura, visto che la stanza era stracolma di articoli di telefonia e informatica, per di più datati e secondo i militari di dubbia provenienza. «Sono solo un collezionista» ha detto il sacerdote. E il processo gli ha dato ragione.
 
L'ACCUSA
Il pm che aveva chiesto la convalida dell'arresto, invece, riteneva che gli estremi dell'estorsione ci fossero, perché chi trova o compra oggetti rubati deve avvertire 112 o 113 o restituirlo al proprietario senza chiedere soldi. Non a caso la versione del vicario della Basilica di Santa Maria Sopra Minerva, la chiesa che custodisce oltre al corpo di Santa Rita anche quelli del Beato Angelico e di una sfilza di papi, nella prima udienza del processo per direttissima non aveva convinto neanche i giudici. Anche se Padre Perrotti, dopo la convalida dell'arresto, era stato subito liberato. Il giudice Tiziana Gualtieri, infatti, aveva respinto la misura cautelare ai domiciliari chiesta dal pm onorario Olivia Mandolesi, perché era incensurato.

Era stato proprio don Andrea a mettersi in contatto con la ragazza, evitando però di presentarsi come un sacerdote. «Ho comprato un iPad a un mercatino, ritengo che sia tuo. Sono disposto a restituirlo, ma rivorrei i soldi spesi, 150 euro. Può accreditarmeli sulla postapay». La proprietaria dell'iPad, che in quel momento era a Grenoble, in Francia, ha chiamato i carabinieri: «Me lo hanno rubato in macchina, a Roma. Lo rivoglio e basta». La difesa di don Andrea ha parlato subito di «gigantesco equivoco. Il sacerdote voleva solo restituire l'Ipad. E quei telefonini accatastati non erano altro che vecchi esemplari che colleziona. Andare per mercatini mica è reato».

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