Erano oltre 70 i musulmani che questa mattina hanno pregato al Pontile di Ostia. C’erano anche donne e bambini nell’area pedonale di piazzale dei Ravennati. La preghiera del venerdì, momento sacro per l’Islam di tutto il mondo, si è tenuta all’aperto dopo che la moschea all’interno dell’ex colonia è stata posta sotto sequestro.
Un lungo tappeto è stato disposto ai piedi del cippo marmoreo che ricorda l’opera della bonifica ed è qui che i fedeli di Allah si sono inginocchiati rivolgendosi verso La Mecca, come prevede la liturgia.
Intorno, è stato organizzato un imponente dispiegamento di uomini e mezzi delle forze dell’ordine. Polizia in borghese e camionette dei carabinieri in assetto anti-sommossa. «Siamo qui per pregare e non per protestare – ha ribadito Youssef Al Moghazi, direttore dell’Istituto di Culto islamico di Ostia- ma vogliamo lanciare anche un messaggio: chiudere le moschee non ci farà smettere di pregare e noi musulmani questo lo possiamo fare ovunque nel mondo».
A prendere parte all’iniziativa anche esponenti di altre comunità islamiche di Roma, arrivate dai quartieri di Centocelle e Prenestino. «C’è bisogno di maggiore attenzione per i nostri luoghi di culto – ha tuonato Francesco Tieri, italiano convertito all’Islam e portavoce del coordinamento delle associazioni islamiche del Lazio- abbiamo avuto anche un incontro con gli assessori capitolini Berdini e Baldassare per far rispettare quello che è un nostro diritto».
Prosegue anche l’indagine sulla concessione dei locali al centro culturale islamico che ha adibito gli spazi sotterranei dell’ex colonia Vittorio Emanuele a una moschea. Da quanto è emerso, all’atto di consegna delle stanze non è mai seguito un contratto regolare da parte del Comune di Roma che adesso potrebbe essere chiamato a rispondere di danno erariale. La comunità islamica, intanto, si è mossa per vie legali facendo ricorso al Tar, cercando di impugnare il verbale che ha poi portato al sequestro. Il messaggio guidato dell’Imam dal pulpito – da quanto si apprende- sarebbe stato paragonato a uno spettacolo teatrale non autorizzato.