Mafia Capitale, Orfini: Pd romano permeato da infiltrazioni criminali

Matteo Orfini
di Alberto Gentili
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Venerdì 5 Dicembre 2014, 06:06 - Ultimo aggiornamento: 10:19
Lancio un appello ai dirigenti e agli amministratori del Pd. Se qualcuno ha dei dubbi, se qualcuno ha delle sensazioni, parli. Vada in Procura e parli. Abbiamo tutti il dovere di vigilare: la situazione è delicatissima, siamo in presenza di un'associazione a delinquere di stampo mafioso».



Matteo Orfini, nel primo giorno da commissario del Pd romano, lancia un appello anti-corruzione ad «amministratori e dirigenti del Pd». E boccia, il presidente democrat, l'idea caldeggiata dal prefetto Giuseppe Pecoraro di sciogliere il Comune di Roma per mafia: «Sarebbe un favore alla criminalità che ha trovato nella giunta Marino un muro contro il malaffare». Durissimo il giudizio sul Pd romano: «E' stato preso in ostaggio da correnti e gruppi di potere, dimostrandosi permeabile alle infiltrazioni malavitose».



Orfini, com'è stato il suo primo giorno da commissario? C'è chi già la chiama Montalbano...

«Montalbano? Sono solo un dirigente del Partito democratico che deve aiutare a ripristinare la dignità e l'orgoglio di un partito ferito dalle sconvolgenti notizie di questi giorni».



Come prima mossa ha incontrato il sindaco Marino. Cosa gli ha detto?

«Gli ho detto che il Pd è completamente e interamente a sostegno della sua azione. Dall'indagine della Procura emerge che la giunta Marino è stata un argine al dilagare del malaffare e della criminalità organizzata. Tant'è che quella che ora viene chiamata “mafia Capitale” aveva promosso una vera e propria aggressione contro Marino e contro la giunta in Regione di Nicola Zingaretti, tentando di infiltrarsi per impedire il risanamento del malgoverno e del sistema di potere a dir poco opaco della destra».

Di fatto ha dato carta bianca a Marino, eppure solo quindici giorni fa il Pd romano e nazionale chiedeva un «azzeramento» della sua giunta, invitandolo a evitare «operazioni di piccolo cabotaggio». Un atteggiamento schizofrenico, non crede?

«Quello che sta emergendo in queste ore dimostra che il salto di qualità c'è nell'attenzione che noi tutti, a cominciare dal sindaco, abbiamo rispetto alle infiltrazioni della criminalità. Ciò impegna tutti ad alzare il livello di attenzione e la qualità dell'azione del governo cittadino. E' chiaro che insieme al prefetto, al questore, al commissario anti-corruzione Cantone, alle forze dell'ordine, stiamo cercando di fermare una situazione di assoluta d'emergenza. Una situazione eccezionale che deve far passare in secondo piano le divisioni all'interno del Pd romano».



Dunque sulla giunta e sull'eventuale rimpasto deciderà Marino in piena autonomia?

«La questione del rimpasto della giunta è una vicenda che riguarda il sindaco di Roma e non il Pd. Credo che anche in passato ci sia stata troppa sovrapposizione da questo punto di vista. Il sindaco farà le sue scelte e avrà il pieno sostegno del Pd. Ma l'emergenza ora riguarda la legalità e lancio un appello a tutti i nostri dirigenti e amministratori: se qualcuno ha dei dubbi, se qualcuno ha delle sensazioni, parli. Vada in Procura e parli. Abbiamo tutti il dovere di vigilare: la situazione è delicatissima, siamo in presenza di un'associazione a delinquere di stampo mafioso».



Il prefetto Pecoraro si interroga se sciogliere per mafia il Comune di Roma. Cosa ne pensa?

«Il prefetto fa il prefetto e farà le sue valutazioni. Io dico soltanto che ciò che sta emergendo dall'inchiesta è che la criminalità ha trovato un muro nella giunta e nel sindaco Marino. Perciò, sciogliendo questa giunta, si farebbe un favore a chi non è riuscito ad infiltrarla e si è visto interrompere una gestione delinquenziale che, evidentemente, c'era nel passato. In poche parole e lo dico ai Cinquestelle che l'invocano, lo scioglimento è la linea della mafia».



Non sarà che temete le elezioni anticipate?

«Non è questo il punto. Mi pare invece del tutto evidente che il sindaco di Roma e il governatore del Lazio sono stati un argine alla delinquenza. Dunque vanno sostenuti».



Prima di essere nominato commissario, lei ha detto che il Pd romano «va azzerato e rifondato su basi nuove». Conferma?

«Assolutamente sì. Il Pd è un partito pieno di dirigenti, militanti e amministratori perbene come Lionello Cosentino che voglio ringraziare per il lavoro di rifondazione che aveva cominciato. Ma il Pd ha anche dimostrato di non essere impermeabile alle infiltrazioni. Certo, sono casi marginali, ma sono casi molto gravi. Questo è anche effetto del fatto che negli anni passati un partito formato da decine e centinaia di circoli sani, con persone che dedicano la propria vita al Pd, è stato preso in ostaggio da correnti organizzate verticalmente per la gestione del potere che hanno pensato esclusivamente a organizzare lo scontro interno. E un partito così organizzato diventa un partito in cui i rischi di infiltrazione sono maggiori. Dobbiamo restituire il Pd ai propri militanti, ai circoli, ai nostri elettori. E dobbiamo anche reinsegnare al Pd cosa significa la politica».



Come?

«Con Marino abbiamo deciso di organizzare per il 10 dicembre una grande assemblea pubblica, aperta a tutti, a Laurentino 38. Si ricomincia dalle periferie. Dobbiamo stare nel mondo reale e non nel mondo di mezzo, recuperando il rapporto con i cittadini anche nelle zone più complicate, anche prendendo i fischi come ha fatto Marino a Tor Sapienza».



Morassut ha proposto l'azzeramento di tutti gli eletti. D'accordo?

«Se c'è una cosa buona che abbiamo nel Pd sono i nostri iscritti. Detto questo, verificheremo come è stato fatto il tesseramento e colpiremo eventuali abusi. Morassut ha invece ragione quando dice che una parte del Pd ha avuto un atteggiamento consociativo con la destra. Negli anni di Alemanno una certa cogestione ha avuto cittadinanza nel Pd, c'è stata un'eccessiva consuetudine con chi governava il Campidoglio».



Renzi ha difeso il ministro Poletti. Lei?

«La cooperativa di Buzzi veniva considerata un fiore all'occhiello della cooperazione sociale e nessuno poteva immaginarne il retroterra criminale. Poletti era presidente delle Coop e ha partecipato a una cena di una importante cooperativa. Non poteva sapere, come tutti, cosa c'era dietro».