Uccisa e fatta a pezzi a Roma, i vicini: «Alla vigilia del delitto l'assassino sorrideva»

Uccisa e fatta a pezzi a Roma, i vicini: «Alla vigilia del delitto l'assassino sorrideva»
di Maria Lombardi e Camilla Mozzetti
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Giovedì 17 Agosto 2017, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 11:27

«Soltanto l'altro ieri (nel giorno della vigilia di Ferragosto ndr) Maurizio sorrideva, stava rientrando a casa con quel barboncino che aveva preso da poco, sorrideva con altri condomini e gli avrei anche voluto fare una battuta sul quel cane che era lo stesso che aveva quando era ragazzo, ma non ne ho avuto il tempo». Gianmaria Piccinno è affacciato alla finestra del suo appartamento in via Guido Reni 22/b. Si tiene le braccia strette ai fianchi, incrociate quasi a difendersi dalla notizia di un orrore che non riesce a spiegare. «Con i Diotallevi racconta ci sono cresciuto, era una famiglia normale, tre fratelli, un padre ufficiale dell'Esercito, come il mio, che per diversi anni era anche andato in missione in Belgio, non riesco a credere che Maurizio abbia fatto una cosa simile». Già, Maurizio. Quell'uomo minuto, dal fisico sciupato, con la barba perennemente incolta di due giorni e i capelli ormai brizzolati. Sessantadue anni, un figlio diciottenne, Giacomo, che vedeva però di rado dopo che la compagna l'aveva lasciato quando la madre era ancora in vita e se n'era andata via da quell'appartamento al quartiere Flaminio. Una vita apparentemente normale, la sua.

IL RITRATTO
Almeno questa era l'impressione che gran parte delle 45 famiglie residenti in via Guido Reni 22/b avevano di lui. «Ma poi che vuole commenta una residente non si sa mai quello che può accadere dentro le mura domestiche». Quando le porte e le finestre si chiudono e dentro c'è spazio e tempo per grandi gioie ma anche per enormi drammi. «Che io ricordi aggiunge Giorgio, un altro inquilino della palazzina, un tempo Incis, gestita negli anni Cinquanta del secolo scorso dal Ministero dell'Interno come alloggio per ufficiali e militari Maurizio non aveva un lavoro stabile, quella che portava i soldi a casa era Nicoletta, credo avessero alcuni problemi economici, tanto che in passato avevano anche subaffittato una stanza a degli studenti». Li vedevano, Nicoletta di più. «Era una donna solare, faceva molte cose, credo però aggiunge un'altra inquilina appena rientrata dalle vacanze che fossero in crisi, problemi di denaro, lo capivi dal ricordo di quella che era la loro famiglia e quelli che erano diventati loro due negli ultimi anni e poi si vociferava nel palazzo che litigassero di continuo». Sempre Nicoletta e Maurizio. Loro due, soli. Lui che al mattino usciva sempre con una valigetta 24 ore stretta tra le mani, dai bordi però sbeccati e consunti. «Con una giacca che si vedeva, era stata indossata troppe volte». Lei, Nicoletta, che aveva varcato la soglia dell'appartamento di circa 100 mq nella scala C del condominio nel 2004, quando la madre era scomparsa dopo aver riscattato il vano immobiliare, e lei era tornata a vivere con il fratello che, invece, non si era mai spostato da via Guido Reni. «I soldi a fine mese, li portava lei prosegue Giorgio era una donna dignitosa, lavorava nel commercio, vendeva quando le capitava abiti, ma faceva anche altri lavoretti e rispettava tutte le scadenze nei pagamenti del condominio, non c'era mai un ritardo».

LO CHOC
I residenti escono sconvolti, sotto choc da quel palazzo che sta proprio attaccato al reparto volanti della polizia di Stato. «Abito al quinto piano, Nicoletta a volte la incontravo il sabato quando andavo a fare la spesa, una donna molto cordiale, il fratello un po' più taciturno, discreto commenta un'altra residente ci davamo solo del lei, sono cresciuti anche con l'altra sorella, Maura, insieme al mio ex marito, non posso credere che sia successa una cosa simile». Nessuno ha sentito nulla o ha visto qualcosa di sospetto. Neanche il proprietario dell'appartamento di fronte a quello dei Diotallevi. «Proprio la sera di Ferragosto conclude Gianmaria Piccinno sono andato a buttare l'immondizia nel secchione dove poi hanno ritrovato una parte del corpo, ho sentito un odore nauseabondo ma credevo che fosse per il caldo e per i cassonetti che non vengono mai puliti, non avrei pensato che dentro ci potessero essere i pezzi di Nicoletta».

 
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