Non paga le tasse per i clienti, condannata la commercialista infedele

Non paga le tasse per i clienti, condannata la commercialista infedele
di Riccardo Di Vanna
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Sabato 28 Giugno 2014, 12:55 - Ultimo aggiornamento: 17:37
Ha trasformato molti dei suoi clienti in perfetti evasori fiscali, omettendo di presentare le loro dichiarazioni dei redditi all'Agenzia delle Entrate e, in alcuni casi, tenendo per s il denaro destinato al pagamento delle imposte.



Un raggiro per il quale Debora Abbruzzese, cinquantenne ragioniera commercialista romana, è stata condannata a due anni di reclusione dalla decima sezione del Tribunale.

La donna, accusata di truffa, contraffazione di pubblici sigilli e falsità materiale, avrebbe approfittato del rapporto di fiducia instaurato nel tempo con le sue vittime per mettersi in tasca il denaro e le parcelle per prestazioni mai eseguite. E adesso dovrà anche risarcire le dodici parti civili, che si sono costituite nel processo. Il giudice l’ha condannata a pagare una provvisionale di oltre centomila euro.



LA FRODE

La frode si consuma tra il 2006 e il 2009, attraverso tre società e coinvolge decine di contribuenti. Le vittime che, nella maggior parte dei casi, avevano instaurato negli anni un solido legame professionale con l'imputata, non avevano motivo di dubitare della correttezza della professionista, alla quale si erano affidati senza sospetti. La ragioniera di Monteverde era chiamata a occuparsi della compilazione delle dichiarazioni dei redditi dei clienti e delle loro imprese e, a lavoro ultimato, incassava regolarmente la sua parcella.

La situazione appariva perfettamente regolare e, grazie anche alla produzione di documenti falsi, appositamente prodotti per coprire l'illecito, la cinquantenne era riuscita a farla franca per alcuni anni. Ma quando l’Agenzia delle entrate ha iniziato a chiedere conto alle vittime dei mancati versamenti, inviando cartelle esattoriali, la verità è emersa con chiarezza. Le dichiarazioni dei redditi compilate dalla ragioniera non erano mai state trasmesse all'Agenzia delle Entrate e, di fatto, i clienti erano finiti nei guai per le omesse dichiarazioni di due o tre anni, oltre al mancato pagamento delle tasse dovute all'erario.



IL BAR

Oltre ad aver percepito per anni un regolare compenso per un'attività professionale in realtà mai svolta, l'imputata si sarebbe appropriata anche del denaro che alcune delle vittime avevano destinato al pagamento delle imposte.

Un capitolo a parte dell’accusa, invece, riguarda la questione relativa alla compravendita del bar di uno dei clienti. Prospettando all'ignaro proprietario la necessità di far fronte al pagamento di una tassa necessaria per perfezionare la cessione, l'imputata avrebbe ottenuto dalla vittima un assegno circolare da trentamila euro. Un obbligo di fatto inesistente, che in realtà la donna avrebbe inventato al solo scopo di procurarsi un indebito profitto. Lo stesso commerciante aveva precedentemente corrisposto un cospicuo onorario all'infedele commercialista per attività professionali mai realizzate, affidandosi con piena fiducia al suo operato. In un’ultima circostanza, l'imputata avrebbe anche prodotto un falso atto di sgravio fiscale a vantaggio di una delle società da lei assistite, utilizzando un sigillo contraffatto dell'Agenzie delle Entrate.



«Le persone truffate hanno ottenuto giustizia - ha commentato soddisfatto dopo la sentenza l'avvocato Cesare Gai, difensore di tre delle parti civili che si sono costituite nel processo - dall'istruttoria è emerso con chiarezza come i comportamenti dell'imputata violassero il mandato professionale che le era stato conferito».
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