Roma, bimba morta in sala operatoria: «L'anestesista era al bar»

Roma, bimba morta in sala operatoria: «L'anestesista era al bar»
di Cristiana Mangani
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Lunedì 25 Gennaio 2016, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 21:48


Di quella mattina ricorderà per sempre le urla strazianti dei genitori, la concitazione, i carabinieri che arrivano, la morte di Giovanna Fatello: la bambina di 10 anni entrata in sala operatoria per un intervento di routine, uccisa da anomalie, negligenze, irregolarità. Maria Rollo è una delle testimoni chiave dell'inchiesta sul decesso della piccola. Sorella della titolare del bar interno alla Casa di cura Villa Mafalda, sabato 29 marzo 2014 era dietro il bancone a servire i clienti di una giornata scarsamente affollata. E ha ben chiaro che, pochissimo tempo dopo l'ingresso in sala operatoria della giovane paziente per un semplice intervento di timpanoplastica, l'anestesista che avrebbe dovuto vegliare sul buon andamento del suo “sonno”, era a prendere il caffé con due amiche, e si è trattenuto all'interno del locale per più di mezz'ora.
Maria è stata sentita dai carabinieri a luglio scorso, dopo che l'inchiesta sul drammatico decesso aveva preso una strada diversa. Si è parlato di una malformazione, di un problema legato alle allergie. Ma la verità, giorno dopo giorno, è cambiata totalmente. Davanti allo strazio di Valentina Leoni e di Matteo Fatello, genitori che non sanno darsi pace, e di dichiarazioni che hanno sempre fatto acqua da tutte le parti, il pm Mario Ardigò ha delegato indagini, ha chiesto la ricostruzione dei tabulati telefonici, e il risultato è totalmente diverso da quello ipotizzato inizialmente: Giovanna sarebbe morta per un problema di ossigenazione e ventilazione, gli anestesisti avrebbero dimenticato di azionare una levetta che attivava il giusto meccanismo di scambio. E questo sarebbe avvenuto perché il dottor Dauri era al bar e il suo sostituto, da pochissimo tempo frequentatore della clinica, non sarebbe stato in grado di azionare tutto regolarmente, perché non conosceva la macchina. Inutile la chiamata dalla sala operatoria per chiederne il ritorno immediato. Ormai la situazione era senza rimedio.

LE CAUSE
Il pm nella richiesta di incidente probatorio, durante il quale verrà raccolta una testimonianza importante per l'inchiesta, conferma: «La morte avveniva dopo l'allontanamento ingiustificato dell'anestesista Dauri e in presenza di un altro anestesista non componente dell'equipe operatoria, il dottor Francesco Santilli, che non gestiva correttamente le vie aeree della paziente mediante l'apparato per anestesia Drager Fabius, non monitorava l'efficienza della ventilazione meccanica dopo averla avviata e non verificava visivamente lo stato di Giovanna Fatello per rilevare tempestivamente un eventuale stato di cianosi della pelle e delle mucose, indicativo di difetti di ossigenazione e di ventilazione, derivandone un arresto cardiaco in asistolia conseguita e progressiva ipossia per un tempo di alcuni minuti, tra le ore 9,40 e le ore 9,50».
Ma non è tutto, perché, oltre alle gravi negligenze mediche, ne sarebbero state messe in piedi molte altre, nel tentativo di limitare i danni di un simile disastro. Il pm ritiene che la cartella clinica sia falsa, che attesti la morte della bambina alle 13,40 mentre sarebbe morta tre ore e mezza prima. Che la macchina per l'ossigenazione non fosse perfettamente funzionante, così come rilevato in precedenza da un altro medico. Che qualcuno del personale infermieristico e uno degli anestesisti lavorassero “in nero”, come il dottor Santilli già dipendente dell'ospedale di Rieti, la cui presenza in sala operatoria non è stata indicata sulla cartella clinica. Nei suoi riguardi e sulla sua partecipazione “fantasma” ai tentativi di rianimazione della piccola si aggiunge anche un'indiscrezione, altrettanto grave, che è stata riferita agli inquirenti da una fonte confidenziale: qualcuno ha parlato di duecentomila euro che gli sarebbero stati dati sottobanco affinché si assumesse tutta la responsabilità della vicenda. Una accusa sulla quale non sono stati trovati riscontri, anche se le indagini continuano.
 

LA REPLICA
Davanti a una ricostruzione così pesante, Villa Mafalda tiene a prendere le distanze e a ribadire «la correttezza del proprio operato». Aggiungono i vertici della clinica: «In merito ai recenti sviluppi nelle indagini fondati su una nuova e differente deposizione la cui veridicità è in corso di analisi da parte degli inquirenti e su ipotesi di reato allo stato smentite dagli stessi consulenti tecnici del pm, la Casa di cura rinnova la propria fiducia nell'operato della magistratura, confidando che venga fatta chiarezza quanto prima e in maniera definitiva sull'accaduto. Su Villa Mafalda non pende alcuna richiesta di rinvio a giudizio e le indagini hanno accertato il completo funzionamento e la totale corrispondenza ai requisiti di legge delle apparecchiature».
Va evidenziato che finora l'inchiesta è stata composta da due fascicoli: il primo per il quale è stato emesso un avviso di conclusione delle indagini e che riguarda gli anestesisti Dauri e Santilli. Fascicolo dal quale la posizione degli altri indagati è stata stralciata. Il secondo, invece, che contiene la posizione dei chirurghi otorini, per i quali sono state disposte ulteriori indagini, mentre è stata accolta dal gip la richiesta di archiviazione per il resto del personale della clinica. Restano sotto inchiesta i professori Giuseppe Magliulo e Dario Marcotullio, entrambi otorini, i dottori Piefrancesco Dauri e Federico Santilli, anestesisti, la dottoressa Rossella Moscatelli, direttrice sanitaria della Casa di cura. Sono accusati, in concorso tra loro, di aver impedito la ricostruzione reale della dinamica letale dell'intervento chirurgico. «Hanno concorso moralmente - scrive il pm - chirurghi, anestesisti, e la dottoressa Moscatelli, concordando la falsa versione con gli altri indagati redigendo il 2 aprile del 2014 un certificato di morte, in cui si indicava falsamente l'orario del decesso di Giovanna Fatello».

IL FALSO
A tutto il gruppo, poi, viene contestato qualcosa che è più crudeltà che reato: aver illuso la mamma della piccola sulla possibilità che Giovanna si stesse riprendendo. Erano le 10 del mattino quando hanno comunicato ai parenti che la bambina era già morta. Ma dopo poco, forse davanti a una situazione che non sapevano come gestire, hanno tentato di confortare i genitori disperati: «Il cuore ha ripreso a battere». Non era vero, il decesso era avvenuto alle 10,10, mentre la famiglia ha dovuto attendere le 13,40 per averne la conferma.
 

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