Roma, caso Marra: settimana chiave in aula la verità della Raggi

Roma, caso Marra: settimana chiave in aula la verità della Raggi
di Valentina Errante e Stefania Piras
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Lunedì 22 Ottobre 2018, 06:20
Si apre una lunga settimana di attesa per Virginia Raggi. Comincerà domani mattina. Quando da imputata per falso dovrà presentarsi in aula per rispondere alle domande incalzanti del pm Francesco dall’Olio, convinto che la nomina di Renato Marra a responsabile della direzione Turismo del Campidoglio sia stata di fatto organizzata dal fratello Raffaele, all’epoca (novembre 2016) braccio destro della sindaca e capo del personale dell’amministrazione. Ventiquattrore di pausa e si presenta subito un’altra giornata difficile: nella stessa aula, giovedì, è atteso proprio Raffaele Marra. Imputato in un processo parallelo per abuso d’ufficio, accusa legata sempre alla stessa nomina, Marra potrebbe decidere di fornire la sua versione. Il condizionale è d’obbligo, perché l’ex braccio destro, accusato nell’ambito della stessa vicenda, ha il diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere. 

LA GESTIONE 
Ma il rischio di possibili dichiarazioni sulla gestione della giunta e sull’operato della Raggi aleggia sin dall’arresto per corruzione dell’ex capo del personale, immediatamente scaricato dalla sindaca: «Era uno dei 23 mila dipendenti del Comune», ha detto a poche ore dall’operazione dei carabinieri. Appena qualche giorno prima, per difenderlo dall’ipotesi di conflitto di interesse e dalla conseguente accusa di abuso d’ufficio, aveva sostenuto in una relazione inviata all’Anticorruzione che Raffaele Marra non aveva nulla a che fare con la nomina del fratello Renato e che lei aveva agito in assoluta autonomia. A metterla nei guai sono state centinaia di conversazioni Whatsapp e Telegram recuperate dal telefono dell’ex fedelissimo. Quelle in cui si parla dell’incarico a Renato e di cui, certamente, il pm Francesco dall’Olio le chiederà conto. 

Nessuno ieri al Circo Massimo ha voluto parlare di cosa succederà se la sindaca Virginia Raggi verrà condannata. «È uno scenario che non voglio contemplare, sarà assolta», dice Angelo Diario. Alla prima cittadina ieri è stato riservato il posto d’onore nel backstage con il premier Giuseppe Conte, il capo politico Luigi Di Maio, e Beppe Grillo che si è mostrato fiero di vedere «i suoi ragazzi» approdati tutti al governo. 
Ma il codice etico è molto chiaro: in caso di condanna sono previste le dimissioni, ovvero è impossibile e incompatibile per un esponente Cinquestelle mantenere la carica elettiva. 

IL SIMBOLO
Nell’ultima versione del codice etico, redatto per chi si voleva candidare alle politiche ma con un occhio ben aperto a tutti gli altri eletti, si legge: «Impregiudicata la facoltà di giudizio degli Organi Associativi a ciò deputati, costituisce condotta grave ed incompatibile con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado». 

Lo scenario che ai piani alti del Movimento immaginano è la rimozione immediata del simbolo e poi toccherà a Raggi e ai suoi decidere cosa fare. Ieri Enrico Stefano alla festa al Circo Massimo magnificava i risultati dell’amministrazione: «E vedrete il prossimo anno ce ne saranno ancora di più». Alcuni colleghi di maggioranza non sono così sicuri di arrivarci al prossimo anno. Il fatto che venga citato un giudizio degli organi associativi del M5S all’interno del codice etico fa pensare, e qualche consigliere lo spera fortemente, che in campo possa esserci anche l’opzione perdono, ma è molto improbabile. Da ambienti vicini ai vertici del M5S la parola dimissioni è pronunciata senza troppo imbarazzo. 
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