L'omicidio a Roma, Marco manager bipolare: «Era pazzo per la cocaina»

L'omicidio a Roma, Marco manager bipolare: «Era pazzo per la cocaina»
di Marco Pasqua
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Martedì 8 Marzo 2016, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 08:29


Gli amici e conoscenti di Marco Prato, compagni di vacanze e notti in discoteca, sono seduti in un ristorante del Centro. Hanno cambiato il programma della serata all'ultimo, quando hanno saputo che quel ragazzo che su Facebook giocava a definirsi “bipolare”, era stato arrestato con l'accusa di omicidio. Sarebbero dovuti andare al suo aperitivo, quell'AhPerò organizzato ogni domenica con i soci storici, Matteo Olivi e Federico Velluti, ma non era più il caso. «Non ne so nulla, davvero», si limitava a rispondere Olivi a chi, tra un cocktail e un piatto di pasta apparecchiato nella location rinnovata al Colle Oppio, chiedesse lumi su quel fatto atroce. Perché domenica, dopo il fermo di Prato, l'aperitivo si è svolto regolarmente, pur tra le perplessità di presenti e assenti.

LA SPARIZIONE
Sabato notte, quando i due soci del presunto killer erano andati in una discoteca all'Ostiense per promuovere il loro evento, erano stati molto vaghi in merito alla sparizione del loro amico: «Sta male», avevano detto. Da due giorni era irreperibile. Risucchiato da droghe, psicofarmaci e alcol in una spirale culminata con l'uccisione di Luca Varani. L'amica Mara Keplero, che lo andava spesso a trovare, lo aveva chiamato al cellulare sabato, due volte: squillava a vuoto. L'ultima connessione di Prato alla chat di Facebook risaliva alle 16 di sabato pomeriggio. «Venti giorni fa l'ho visto al Gender (un locale frequentato da eterosessuali e da travestiti, ndr)», dice un amico. «Preferiva rimorchiare gli eterosessuali», racconta S. Il nick nelle chat, soprattutto su Grindr, era “Il vizietto”. Che cambiava quando usava un profilo da donna. A gennaio avrebbe sottratto 1200 euro ad un amico, usando il suo bancomat: «E mi ha anche preso un anello», ha raccontato il ragazzo. E' un fiume di ricordi e aneddoti quello che si riversa sulla tavolata di questi conoscenti di Prato, sconvolti per quello che hanno letto su una persona con la quale hanno condiviso anche momenti di intimità. «Se penso che abbiamo anche dormito insieme», mormora D. Per tutti la colpa principale è della cocaina, da cui quel ragazzo bilingue, che ogni tanto dava ripetizioni di francese, era ossessionato. Soprattutto la notte, quando si faceva vedere nelle più popolari discoteche dedicate al pubblico Glbt.


 

L'anno scorso i carabinieri lo fermarono dopo il suo aperitivo, e gli trovarono addosso della droga. Gli ritirarono la patente e per diversi mesi si fece accompagnare dagli amici in auto. «Andava spesso in bagno, in discoteca, per consumare cocaina», raccontano alcuni addetti ai lavori. «Una notte era talmente su di giri che aveva iniziato a bombardare di sms un nostro dj – ricorda un Pr – pretendeva che andasse a casa sua a ogni costo». Dopo il massacro del Bataclan si dichiarò molto scosso per le «persone innocenti» uccise: «Uno dei luoghi dove delle bestie hanno fucilato dei poveri innocenti era uno dei miei bar preferiti», scriveva su Facebook questo 29enne dall'identità double face.

IL SUO MITO, DALIDA
La scorsa estate, a Mykonos, l'ultimo giorno di vacanza Prato chiese agli amici un prestito da 500 euro: «Sono rimasto senza, ve li ridarò». Talvolta lo aiutavano i genitori: il padre è Ledo Prato, segretario dell'associazione Mecenate 90 (di cui è presidente Giuseppe De Rita) e docente presso lo Iulm. L'aperitivo domenicale - di cui ieri è stata oscurata la pagina Facebook - rimaneva la sua principale fonte di introiti, anche se, occasionalmente, organizzava altri party. I carabinieri lo hanno trovato in una stanza di hotel, dove aveva ingerito dei barbiturici. Forse voleva fare la stessa fine del suo mito, quella Dalida di cui aveva una gigantografia nella sua stanza.
 

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