Roma, manager gay ucciso durante festino: condannati a 30 anni gli assassini

Roma, manager gay ucciso durante festino: condannati a 30 anni gli assassini
di Michela Allegri
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Sabato 25 Febbraio 2017, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 09:51
Lo hanno praticamente massacrato. Gli hanno fratturato la faccia e lo hanno strozzato. Poi, gli hanno sfondato il torace. Prima di lasciarlo morto nel suo appartamento in via dei Volsci, a San Lorenzo, hanno rubato oggetti di valore. Non sono riusciti a farla franca, i due giovani romeni accusati di aver ucciso il manager tedesco Oliver Degenhardt.
Ieri, sul banco degli imputati del tribunale di Roma, sono stati condannati a 30 anni di reclusione, al termine di un processo condotto con rito abbreviato e ricevendo quindi lo sconto di un terzo della pena. Il gip Donatella Pavone ha accolto le richieste del pm Giovanni Musarò e ha disposto 2 anni anche per il padre di uno degli assassini, accusato di favoreggiamento e ricettazione.

L'OMICIDIO
L'omicidio risale al 6 novembre del 2015. Degenhardt, 49 anni, era stato trovato morto nel suo appartamento. Era l'amministratore delegato della Goldwell Italia, un'azienda che produce prodotti professionali per istituti di bellezza. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Comando provinciale, quella sera il manager sarebbe andato a cena con una collega e avrebbe contattato via chat i due assassini, Lurentiu Madalin Dragan, classe 1989, e Sebastian Marcel Zamfir, di due anni più grande. Li avrebbe invitati a raggiungerlo a casa più tardi e si sarebbe intrattenuto con loro, probabilmente per un incontro a sfondo sessuale. La situazione sarebbe poi degenerata, sfociando in una lite violentissima.

Gli inquirenti pensano che Degenhardt si fosse accorto che gli imputati lo stavano derubando e che abbia reagito. Nel capo d'imputazione si legge che Dragan e Zamfir avrebbero tramortito la vittima colpendola con calci, pugni e un corpo contundente. Poi, l'avrebbero soffocata e le avrebbero anche fratturato il torace. Gli imputati erano stati arrestati un paio di mesi dopo in Romania. In manette anche il padre di Dragan che, secondo gli inquirenti, avrebbe custodito e rivenduto gli oggetti rubati dagli assassini: due tablet, un computer, quattro cellulari e una macchina fotografica. Parte della refurtiva era stata trovata dagli investigatori nella sua baracca sulle sponde del Tevere.
 
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